«Sono immunodepressa, negato lo smart working». Anche l'Inps respinge la pensione di invalidità

La donna di spalle che lavora in un'associazione. «Sono immunodepressa, negato lo smart working»
La donna di spalle che lavora in un'associazione. «Sono immunodepressa, negato lo smart working»
di Teodora Poeta
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Sabato 24 Ottobre 2020, 09:50 - Ultimo aggiornamento: 13:11

Ci sono storie che dovrebbero servire per far capire che dal lockdown di marzo si può uscire più forti di prima. E questa è una di quelle. Anche se poi arrivano altri ostacoli. A raccontarla è una 42enne di Teramo, che noi chiameremo Benedetta per non renderla riconoscibile, un soggetto fragile con una patologia del sistema immunitario da 15 anni, in cura con immunosoppressori da 10 anni. Benedetta è un’impiegata a tempo indeterminata di un’associazione. Un lavoro che lei ama profondamente dove svolge la mansione di front office. La mascherina, ormai, fa parte del suo abbigliamento da molto tempo. «Non posso toglierla – dice – rischierei troppo». Quindi anche senza il Covid-19 l'ha sempre indossata.

Eppure non si è mai data per vinta. A marzo quando viene ricoverata per 15 giorni. Nessuno dei suoi familiari può vederla, né starle accanto. Quando torna a casa è costretta a camminare con le stampelle, da sola. Al lavoro comunica di doversi mettere in malattia. Finito quel periodo, ad aprile, per lei scatta la cassa integrazione. A luglio un medico del lavoro le comunica che può rientrare con la prescrizione, però, di non poter stare a contatto con il pubblico. «Io però svolgo lavoro di front office», spiega. A quel punto, quindi, sono i responsabili della sicurezza a comunicarle che per lei non ci sono i presupposti per poter rientrare, né per poter fare lo smart working. Ma com’è possibile? Nel frattempo, quindi, Benedetta chiede all’Inps la pensione per l’inabilità, che le viene respinta. Quindi non può rientrare al lavoro. E’ come un cane che si morde la coda. Benedetta torna in malattia. Una malattia dalla quale, da sola, lei stessa si era rialzata durante il periodo di lock down con le proprie forze. Ma come ce l’hai fatta in un momento così difficile? «Ho fatto un sogno: un arcobaleno, una pioggia torrenziale e poi un medico dell’ospedale dell’Aquila che mi ha salvato la vita. Da lì la mia ripresa. Io sono una persona ottimista e ho tanti interessi».

Benedetta in quel periodo ha davvero rischiato la vita. Oggi non vuole arrendersi di fronte alla burocrazia che le impedisce di tornare al lavoro. In questo momento è tornata a chiudersi in casa perché con l’aumento dei contagi per lei è troppo rischioso uscire. «I medici mi hanno consigliato di non uscire, le mie difese immunitarie sono quasi a zero». Per lei, insomma, è già scattato il coprifuoco. Ma nulla le impedirebbe di poter fare lo smart working. Sono 12 anni che lavora in quell’associazione ed è ovvio che le competenze le ha acquisite. L’ultima visita con il medico del lavoro l’ha fatta proprio l’altro giorno. Risultato: non idonea. Ma la domanda è sempre la stessa: perché allora l’Inps non le ha accordato la pensione?

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