Il tremendo segreto dietro le Google Car. La compagnia: «Non l'abbiamo fatto apposta»

Le auto di Google utilizzate per lo Street View
Tra le tante invenzioni di Google che hanno cambiato il nostro modo di interagire col web c'è sicuramente lo Street View, il servizio con cui la compagnia ha potenziato Maps...

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Tra le tante invenzioni di Google che hanno cambiato il nostro modo di interagire col web c'è sicuramente lo Street View, il servizio con cui la compagnia ha potenziato Maps nel 2008.




Da allora, molti avranno consultato Google Maps per vedere le foto realizzate nelle strade in cui vivono, e in ogni città è partita anche la caccia alle auto che realizzano le immagini per Street View. A quanto pare, però, dietro ci sarebbe un segreto inquietante.



Gli strumenti di cui è in possesso Google, infatti, non sarebbero solo innocenti fotocamere: sulle auto, infatti, sarebbe installato anche un software capace di captare tutti i dati riguardanti le reti wi-fi aperte. Il caso è scoppiato prima negli Stati Uniti e poi in Spagna, ma evidentemente il metodo utilizzato è valido in tutti i paesi.



Già nel 2010 l'Agenzia spagnola per la protezione dei dati (AEPD) aveva smascherato il fatto, rilevando cinque infrazioni: oltre a captare i dati delle reti wi-fi aperte, le auto di Google identificavano e localizzavano i dati di altri tipi di reti, inviando poi le informazioni negli Stati Uniti. Il processo contro il colosso informatico, come riporta El Mundo, ha però subito clamorosi ritardi per via di alcuni cavilli burocratici (un tribunale esterno avrebbe dovuto prima stabilire se si trattava di un reato penalmente perseguibile e poi affidare il caso agli organismi competenti).



Alla fine il processo penale è partito dopo la denuncia di un ingegnere spagnolo, Miguel Angel Gallardo Ortiz, che accusava chiaramente Google: «Hanno delle antenne speciali, che possono rilevare ogni tipo di dati. Con il software a loro disposizioni possono fare di tutto, dalle operazioni di marketing georeferenziato allo spionaggio di obiettivi sensibili come le sedi istituzionali». L'uomo ha chiesto di chiamare a testimoniare gli autisti delle vetture speciali di Google, ma i giudici hanno ritenuto sufficiente ascoltare l'arringa difensiva del legale dell'azienda.



L'avvocato rappresentante Google Spagna si è giustificato così: «È vero, in alcuni casi abbiamo captato dati, ma è stato un caso, non volevamo farlo di proposito. Il desiderio di lanciare un servizio così innovativo quanto prima non ci ha fatto rendere conto delle conseguenze di possedere una simile tecnologia». Il tribunale ha dato ragione a Google, ma Gallardo Ortiz ha già annunciato di voler fare ricorso: «Non potevano non sapere, una tecnologia così potente non viene sviluppata per caso».



Intanto, si è riaperta anche l'inchiesta condotta dall'AEPD: in caso di accertata violazione delle normative sulla privacy, per Google potrebbero arrivare delle sanzioni. Niente a che vedere con il caso scoppiato negli Usa: per le medesime violazioni, infatti, Google ha raggiunto un accordo con oltre 30 Stati per il pagamento di multe pari a 7 milioni. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia