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Il paradosso del nucleare italiano: la produzione di energia è vietata per legge, o meglio per volontà popolare in forza di ben due referendum (1987 e 2011), ma il Paese mantiene una tradizione scientifica tanto forte da mettere tuttora l’Italia ai primi posti mondiali nella ricerca.
Solo poche settimane fa, infatti, il Consorzio EUROfusion ha annunciato l’avvio della progettazione ingegneristica di Demo, la prima centrale dimostrativa a fusione che intorno alla metà del secolo sarà in grado di produrre, in modo sicuro e sostenibile, 300-500 MW di potenza. Tanto per capire è la quantità di energia in grado di soddisfare i consumi annuali di circa un milione e mezzo di famiglie. La compagine italiana è costituita da 21 organizzazioni (pubbliche e private) coordinate da ENEA - tra cui l’Istituto per la scienza e tecnologia dei plasmi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Istp) e il Consorzio RFX - e si muove nell’ambito del Consorzio EUROfusion, il programma europeo di ricerca sulla fusione cofinanziato dalla Commissione europea tramite Euratom.
IL PROGRAMMA
L’avvio di Demo è un successo enorme per la ricerca italiana, perché questo progetto rappresenterà il passaggio successivo del programma avviato con l’impianto sperimentale ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), attualmente in costruzione nel sud della Francia, a Cadarache, a tutt’oggi il maggior progetto internazionale sulla fusione, realizzato nell’ambito di una collaborazione tra le sette maggiori potenze economiche (Unione Europea, Cina, India, Giappone, Corea, Russia e Stati Uniti). Nella realizzazione di ITER le industrie e gli istituti di ricerca italiani hanno un ruolo importante: ad oggi sono previsti investimenti per 20 miliardi di euro (2 dei quali assegnati attraverso gare internazionali ad aziende italiane). L’obiettivo è di dimostrare la fattibilità della produzione di energia da fusione e progredire nei tempi più brevi possibili verso il primo reattore dimostrativo, appunto il già citato Demo. «Un passaggio fondamentale dalla sperimentazione pura alla produzione vera e propria di energia», spiega Alessandro Dodaro, direttore del Dipartimento ENEA di Fusione e tecnologie per la sicurezza nucleare, aggiungendo che la realizzazione di Demo è prevista per la seconda metà del secolo, completate tutte le complesse fasi di commissioning.
I PROTOTIPI
La fusione, però, non è l’unico orizzonte su cui è impegnata Enea in campo nucleare, i suoi scienziati sono attivissimi anche nello studio e la realizzazione di prototipi di centrali a fissione di quarta generazione, quelle costituite da reattori veloci raffreddati a piombo (Generation IV – Lead-cooled Fast Reactor - LFR) un nucleare sostenibile (perché utilizza come combustibile uranio naturale, che può essere riutilizzato, riducendo quasi a zero la produzione di rifiuti radioattivi a lunga vita, le cosiddette scorie) ed è anche più sicuro e affidabile, perché uno spegnimento imprevisto dell’impianto non comporterebbe la vaporizzazione dell’acqua di raffreddamento ma il progressivo raffreddamento del nucleo con il contenimento della sua radioattività grazie allo schermo del piombo. «La ricerca ha importanti ricadute su altri campi - conclude l’ingegnere Dodaro - dai superconduttori alle tecnologie elettromedicali, nel centro ENEA di Brasimone si lavora ai radiofarmaci».
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Quotidiano Di Puglia