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Quando parliamo di cybersicurezza, chi ci permette di navigare, postare e condividere foto (e dati sensibili) in relativa sicurezza, vigilando in modo silente, sui nostri clic?
Il cinema e la narrativa speculano parecchio sul mondo della sicurezza online, creando scenari fantasioni che, puntualmente, vengono superati dalla realtà. Proprio com’è accaduto recentemente, nei primi momenti dell’invasione russa in Ucraina, quando l’aumento degli attacchi informatici aveva palesato la pericolosità della guerra ibrida, identificando un “attore” (threat actor), Killnet, il collettivo hacker russo che ha cercato di sbaragliare i sistemi informatici occidentali. Per nostra fortuna, ci sono team di esperti che vigilano, cercando quotidianamente di intercettare tutte le minacce dal mondo del dark web.
VERSATILITÀ
Giada Paolucci dal 2019 lavora a Chieti presso il Global SOC (Security Operation Centre) di Leonardo (l’azienda italiana dedicata al presidio delle tecnologie strategiche per la sicurezza del Paese), un centro d’eccellenza che attualmente protegge 7.000 reti e 100.000 utenti in 130 Paesi.
LA MARCIA IN PIÙ
Non solo intuito ma cooperazione attiva anche se, a ben vedere, in questo mondo la presenza femminile ancora latita: «Non si tratta solo di una questione di genere. L’ho visto accadere sul campo. Nella lettura degli eventi la mente femminile può avere una marcia in più, capace di uscire dai sentieri più battuti e per questo spero che il gap possa normalizzarsi rapidamente». Entusiasmo da vendere. «Un analista della sicurezza è continuamente sotto stress – sottolinea – Siamo iperconnessi e alle prese con un costante flusso di dati da interpretare e, nonostante l’orario, non si stacca mai perché dobbiamo essere sempre pronti alle emergenze. Ma proprio per questi motivi, il cosiddetto “terzo tempo” – i momenti di svago e condivisione con il resto del team – è fondamentale, rompe gli schemi e crea un’empatia che poi si rivela fondamentale sul campo». Lato umano significa che agli analisti della sicurezza informatica può capitare di subire “pressioni personali”. «Mi chiedono se posso accedere al pc di un fidanzato per capire se sia traditore. Ecco – rivela con un sorriso Paolucci – c’è ancora un po’ di confusione sul nostro lavoro, ma a dirla tutta vorrei che ci considerassero un po’ come degli analisti silenti che vigilano costantemente per la sicurezza di tutti». E ribadisce, Giada Paolucci, che l’Italia è avanzata sul fronte della cyberguerra «ma questa lotta richiede un continuo aggiornamento e non si ferma mai».
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