C’era da aspettarselo. Come accaduto a Napoli, anche Taranto porta in strada la contestazione sulle scelte governative. Motivo del forte dissenso, che ha indotto i...
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Al grido generale “assassini”, alle urla di disperazione e di rabbia, si uniscono anche studenti, insegnanti, professionisti e qualche anziano. Il tempo passa ma di Renzi nemmeno l’ombra. Intanto alcuni agenti, a cui successivamente si sono affiancati anche i militari dell’Arma, iniziano a presidiare il secondo ingresso del Museo. I manifestanti intuiscono che Renzi non passerà da corso Umberto. Alcuni decidono di dirigersi dalla parte opposta, ma le strade sono interdette. La tensione sale. Il corteo, al grido “Taranto Libera” tenta di forzare il cordone di sicurezza per avvicinarsi all’ingresso storico del Museo. Vengono lanciati all’indirizzo dei poliziotti alcuni fumogeni. La risposta di carabinieri e polizia è decisa: ma la folla preme spinge verso l’edificio museale. La rabbia esplode all’arrivo delle auto blu che giungono a destinazione dalla parte opposta, tre quarti d’ora più tardi, da via Pitagora. I poliziotti estraggono i manganelli; qualcuno prova a dialogare con le forze dell’ordine chiedendo di stare dalla loro parte perché i diritti della città sono di tutti. Una donna nel tentativo di mostrare un sacchetto colmo di polvere rossa raccolta sul proprio balcone inciampa, cade, viene soccorsa. Gli animi si placano, ma la calma dura poco. La zona è presidiata in ogni angolo: anche dal tetto dello stesso Museo dove appostati, armi in pugno, due militari controllano dall’alto che tutto fili liscio. A qualche condomino di uno stabile di via Cavour, affacciatosi dal proprio balcone, viene addirittura intimato di rientrare in casa e di chiudere le finestre. Renzi e Franceschini, di gran lena, fanno il proprio ingresso dalla porta di via Cavour, accompagnati anche all’uscita, fino alla Prefettura dalle proteste.
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Quotidiano Di Puglia