Parrocchiana truffò il prete, via al processo d'appello

Parrocchiana truffò il prete, via al processo d'appello
Scatta il processo d’appello per il caso della parrocchiana di 44 anni, che aveva truffato il prete di un Comune del versante orientale della provincia jonica. ...

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Scatta il processo d’appello per il caso della parrocchiana di 44 anni, che aveva truffato il prete di un Comune del versante orientale della provincia jonica.

La donna, che aveva finto di investire quasi 250mila euro, quale provvista personale del prete e dell’intera comunità, è stata condannata in primo grado a 2 anni di reclusione e al risarcimento del religioso, pari a sessantacinquemila euro.
La causa sarà celebrata davanti alla Corte d’appello di Milano, dopo il ricorso promosso dall’avvocato Rosario Orlando.
Come si ricorderà, il caso si collega con il rapporto di fiducia che legava il religioso alla promotrice finnaziaria.
La donna era conosciuta sin da quando era bambina e frequentava la chiesa. Per questo il religioso si era fidato. E si era fidato a tal punto che quando quasi dieci anni fa l’aveva rivista, cresciuta, diventata donna e promotrice finanziaria, il prete non aveva avuto dubbi: le aveva affidato, per investirli, quasi 250mila euro. Parte del denaro, appunto, costituiva i suoi risparmi e quelli di famiglia; un’altra fetta, per circa 150mila euro, erano i soldi della solidarietà dei cittadini alla sua chiesa.
Il suo sogno era quello di realizzare un oratorio: per questo aveva ceduto al fascino del “guadagno”. In realtà, al prete era stata riservata una vera e propria stangata. Il denaro era sparito e, a detta della sua ex parrocchiana che a processo aveva tentato di allontanare da se stessa ogni responsabilità, sarebbe finito nelle mani di sconosciuti che si sono volatilizzati.
Oltre alla condanna incassata, per l’ex parrocchiana era anche scattata la prescrizione dei reati commessi antecedentemente al 2010. Anche per questo motivo, infatti, il risarcimento al religioso era stato di importo inferiore rispetto al danno economico da lui subito.
Sin qui, in sintesi, la vicenda che si era tradotta nella sentenza emessa dal tribunale monocratico di Milano (giudice dottoressa Cristina Dani). Il caso aveva coinvolto il parroco di un Comune tarantino.
 

Un parroco molto noto ed amato nella sua comunità, tanto da intercettare lasciti, offerte e contributi dei cittadini abbastanza considerevoli. A tradirlo, però, era stato da un lato il suo desiderio di costruire un oratorio per i suoi parrocchiani e, dall’altro, la fiducia nutrita verso una donna che aveva visto crescere anno dopo anno. L’incontro “galeotto”, come evidenziato nella denuncia presentata alla procura della Repubblica di Taranto - e finita per competenza all’esame della magistratura lombarda - era avvenuto nel 2008, allorchè la donna aveva riferito al religioso di lavorare a Milano, dopo la laurea alla Bocconi, per una società finanziaria rinomata. Da quel momento, il dialogo fra il religioso e la professionista era ripreso e si era infittito, tanto che il parroco jonico aveva destinato agli investimenti, fra assegni non trasferibili e denaro contante, appunto quasi 250mila euro.
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Quotidiano Di Puglia