Avrebbero tentato di raggirare l’erario, i creditori e i dipendenti, facendo sparire il contante dell’impresa (valutato intorno al milione e duecentomila euro), prima...
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L’atto compiuto ieri dalle fiamme gialle alla guida del capitano Carlo Balestra, è l’epilogo di indagini di polizia giudiziaria delegate dalla Procura della Repubblica di Taranto in relazione al fallimento della società «Ellepi Confezioni» di Martina Franca, azienda specializzata nel confezionamento di abbigliamento con marchio proprio.
Un’impresa inizialmente sana con una decina di dipendenti e un discreto volume di affari che ha operato sino al 2012 grazie a oscuri passaggi societari (almeno due) che hanno permesso agli indagati di continuare la produzione al solo scopo di «svuotare i forzieri».
Le indagini della Finanza, coordinate dal pubblico ministero Raffaele Graziano della procura jonica, sono iniziate nel 2009. In questi anni di complessa attività, i militari hanno raccolto prove documentali sufficienti a convincere il pm a contestare i reati finanziari all’amministratore della società, ritenuto la vera regia del presunto raggiro, e ad altre quattro persone ritenute prestanome di società fittizie che avevano lo scopo di assorbire tutti i conti in perdita lasciando i beni patrimoniali alla società d’origine che era finita sotto i riflettori degli inquirenti.
L’amministratore unico, infatti, avrebbe venduto fittiziamente un immobile adibito a laboratorio artigianale ad una persona di scarse potenzialità economiche e ad un prezzo nettamente inferiore a quello di mercato e soprattutto senza alcun pagamento effettivo.
Gli accertamenti bancari, effettuati non senza difficoltà dalle fiamme gialle, proverebbero la presenza di numerosi prelevamenti in denaro contante dai conti correnti della società. Tali sottrazioni, che altro non erano che sospette e pianificate operazioni di svuotamento di cassa, venivano operate a cadenza regolare da ciascuno degli indagati per i quali, data l’inesistenza delle scritture contabili, non è stato possibile verificarne l’inerenza a motivi gestionali dell’impresa. Per sottrarre invece i beni strumentali utilizzati dall’impresa per l’attività di confezionamento, gli indagati avrebbero utilizzato false cessioni di proprietà tra parenti. In questo modo il bene diveniva indisponibile per i creditori e l’erario. Fortunatamente, grazie sempre all’intuito investigativo dei finanzieri, si è riusciti a bloccare in extremis un immobile che risulta ancora a carico di uno degli indagati.
Si tratta di un locale adibito a laboratorio tessile del valore commerciale di duecentomila euro su cui il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Taranto, su richiesta del pm Graziano, ha posto i sigilli con un provvedimento di sequestro preventivo.
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Quotidiano Di Puglia