«Siamo fuggiti mentre tutto crollava» Il racconto di alcuni musicisti tarantini

«Siamo fuggiti mentre tutto crollava» Il racconto di alcuni musicisti tarantini
«Erano le 3.37 di notte, buio pesto, la statua di San Benedetto al centro della piazza e la luce della luna, rossa, a rigare i nostri volti. Ho pensato: è la fine del...

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«Erano le 3.37 di notte, buio pesto, la statua di San Benedetto al centro della piazza e la luce della luna, rossa, a rigare i nostri volti. Ho pensato: è la fine del mondo».

C’è chi ancora di quella notte non riesce a parlarne, perché ricordare fa troppa paura. C’è Barbara tra i tanti ragazzi di Taranto che erano a Norcia, quel 24 agosto. A una ventina di chilometri da Amatrice, lì dove tutto è iniziato. Lei proprio non ce la fa a raccontare «Avevamo suonato. Eravamo felici, non c’era nulla di strano». S’interrompe, non trova le parole: «È stato un turbine. Mi sono sentita chiusa in una scatola e poi mi sono ritrovata in strada, senza lucidità. È stato un attimo». C’erano pianisti e clarinettisti quella notte, molti dell’Istituto Superiore di Studi Musicali “G. Paisiello” di Taranto. Insieme ai loro insegnanti: Paolo, Luigi e Giuseppe che avevano portato il Trio di Taranto in Umbria. Molti studenti erano partiti alla volta di Norcia per un corso di perfezionamento, insieme a molti altri all’interno dell’Umbria Classica che ospita master di alto livello.
«Sarebbe dovuto finire ieri(24) con un concerto di tutti gli allievi- ha raccontato il maestro-Sarebbe stato un momento di festa, di gioia, di attese. Martedì sera eravamo nella hall dell’albergo ad ascoltare musica e a fantasticare sulle nostre prossime esibizioni, ci siamo dati la buonanotte. Poi il cataclisma: tutto ha cominciato a vibrare, c’era un rumore assordante, le pareti si muovevano». I ricordi sono sfocati: «Si respirava paura. Tutti si catapultavano fuori, le stanze restavano aperte, si cercava solo una via di fuga. La gente è corsa fuori in pigiama, al freddo, riparandosi dai calcinacci. Siamo scesi mentre tutto crollava». Nessuno si è fatto male seriamente. Esclusi dei calcinacci e una mensola caduta sul viso. Nulla in confronto a quello che è successo nel resto della regione.

«I soccorsi sono arrivati subito, hanno portato latte, caffè e coperte. Siamo stati fuori tutta la notte. La mattina successiva siamo saliti di corsa in camera e abbiamo fatto la valigia in fretta tra una scossa e l’altra». Ad Anna Chiara quello che è successo ancora non sembra vero: «È un miracolo, bastavano 10 secondi in più in quel maledetto hotel!» ha spiegato con un filo di voce. «La prima scossa è stata fortissima. Mi sono sentita catapultata nel letto di mio fratello, il mio si è capovolto. Per 30 secondi la stanza si muoveva, non riuscivo neanche ad alzarmi per scappare. Le scosse sono continuate anche dopo: i palazzi barcollavano. Mi sono sentita impotente, una foglia d’erba: quel soffitto poteva crollare e io sarei rimasta lì, immobile. Quando siamo tornati in albergo la camera era irriconoscibile. La stanza dell’orrore. C’era gente che piangeva intorno a noi e che correva senza sosta. Stanotte non dormirò: mi sento ancora cadere».

Per Carlo, il ragazzo sulla sedia a rotelle che segue gli studenti del “Paisiello” ovunque, che ama la loro musica e la conosce a menadito, è stato più difficile rispetto agli altri. Nessun ascensore poteva portarlo giù. Sono stati momenti di terrore.

«Era stordita - ha raccontato Erica - si chiedeva dove fossero gli altri. Quando li ha rivisti tutti è scoppiato in un pianto liberatorio. È stato terribile: i mobili ci arrivavano addosso, i muri si muovevano, il rumore assordante è stato la parte peggiore. Quel rombo ci rimarrà per un po’ nelle orecchie. È vero, questo finale non era previsto però lo possiamo raccontare. E va benissimo così».
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Quotidiano Di Puglia