Si assentava dal tribunale ma risultava in servizio: c'è la condanna a un anno

Si assentava dal tribunale ma risultava in servizio: c'è la condanna a un anno
Un anno di reclusione, multa di 400 euro e interdizione dai pubblici uffici per la durata di 5 anni. È la sentenza di condanna emessa dal gup del tribunale di Taranto...

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Un anno di reclusione, multa di 400 euro e interdizione dai pubblici uffici per la durata di 5 anni. È la sentenza di condanna emessa dal gup del tribunale di Taranto dottoressa Paola Rosalia Incalza, che si è occupata della posizione di un dipendente degli uffici giudiziari di Taranto, accusato di truffa aggravata ai danni dello Stato.

Il giudice, che ha comunque tenuto conto dello stato di incensuratezza dell'imputato 56enne, tanto da disporre la sospensione condizionale della pena e la non menzione sul certificato del casellario giudiziale, ha ritenuto sussistente la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità.
L'imputato, difeso in giudizio dall'avvocato Egidio Albanese, aveva chiesto di definire la propria posizione attraverso il giudizio abbreviato.
L'uomo era finito nel mirino della procura dopo la segnalazione a suo carico inoltrata da un dirigente amministrativo del tribunale di Taranto. Nella segnalazione veniva evidenziata l'assenza dal posto di lavoro del dipendente in determinati giorni, nonostante dal budge marcatempo risultava che lo stesso fosse regolarmente in servizio.
Alla luce di questa segnalazione erano partite le indagini da parte dei carabinieri che, attraverso i pedinamenti e il raffronto fra il risultato degli stessi e gli orari ricavati dal budge, avevano concluso come l'uomo lasciasse la struttura del palazzo di giustizia e vi rientrasse, dopo circa due ore, senza che questa assenza venisse registrata.
Incriminato e sottoposto a interrogatorio, l'uomo aveva gli addebiti, sostenendo però di aver sempre dimenticato di registrare le sue uscite e di averlo fatto per dare assistenza a una parente malata.
Sul punto, l'imputato aveva dimostrato di godere dei permessi previsti dalla legge 104 in favore di congiunti bisognosi di cure.

Il gup, nel condannarlo, ha però rilevato da un lato come i permessi della Legge fossero stati accordati per assistere la madre e non la zia e, da un altro, come il godimento dei permessi non possa essere legittimo se non segnalato al diretto superiore. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia