Omicidio Galeandro, condannati in sei

Omicidio Galeandro, condannati in sei
Sei condanne per l’agguato costato la vita a Francesco Galeandro. Sono state inflitte ieri dal gup di Taranto Giuseppe Tommasino, che ha accolto in pieno le argomentazioni...

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Sei condanne per l’agguato costato la vita a Francesco Galeandro. Sono state inflitte ieri dal gup di Taranto Giuseppe Tommasino, che ha accolto in pieno le argomentazioni dell’accusa sostenuta dal pm Antonella De Luca. Il giudice ha però differenziato i ruoli nell’agguato per contrasti all’interno della mala, distribuendo pene di entità differente a seconda, appunto, del ruolo rivestito da ciascun imputato.

Nella sentenza emessa dal giudice con il rito abbreviato emerge una circostanza importante, da non trascurare. Il gup ha infatti dato piena attendibilità alle rivelazioni di Nicola Mandrillo, la cui collaborazione, come è noto aveva consentito all’inchiesta diretta dalla dottoressa De Luca di compiere quella svolta necessaria per capire sino in fondo il perchè fosse scattato, alla periferia di Pulsano, l’agguato ai danni del pregiudicato pulsanese.
Le indicazioni fornite dal collaboratore di giustizia, infatti, erano state non solo contestate dalla difesa dei principali imputati ma soprattutto dagli stessi “complici” e presunti responsabili del raid che erano stati immuni dalla prima definizione delle indagini. Il più accanito sostenitore delle presunte “bugie” di Mandrillo era stato peraltro l’uomo indicato dallo stesso collaboratore come il mandante dell’omicidio di Galeandro: Maurizio Agosta.
Proprio Agosta, come è noto, venerdì si era abbandonato ad una serie di contumelie contro Mandrillo, accusandolo di aver mentito per nascondere il fatto che quell’omicidio lo avesse ideato, partorito e messo a segno in proprio “per esclusivi interessi personali”.
 
In realtà, la prospettazione dell’accusa pubblica era stata di segno diverso, non tanto perchè fosse stato Mandrillo a raccontare di aver ricevuto da Agosta l’ordine di ammazzare Galeandro, quanto perchè le motivazioni sottese a quell’ordine erano state ritenute convincenti.
Come convincenti, e suffragate dagli elementi di riscontro che la dottoressa De Luca aveva delegato agli accertamenti dei carabinieri di Taranto, erano state le chiamate in correità dei soggetti che sono stati chiamati in causa per aver preso parte alla pianificazione e alle fasi preparatorie dell’agguato ai danni del pulsanese.
Sul punto, però, il dottor Tommasino ha ritenuto di operare un distinguo, discostandosi dalle pene richieste dall’accusa pubblica.
In sostanza, il gup ha usato il rigore necessario nei confronti del mandate dell’omicidio e di uno degli esecutori materiali; ha tenuto conto della legislazione premiale nei confronti della posizione del collaboratore di giustizia; ed ha censurato la partecipazione, non solo morale, di altri presunti concorrenti nel reato di omicidio, calibrando le pena al ribasso, grazie alla concessione delle attenuanti generiche prevalenti.
Quanto agli altri imputati che rispondevano di ricettazione delle armi che sarebbero state poi utilizzate nel radi, di favoreggiamento e di altri reati di minore conto, il gup ha formulato sentenza di condanna a pene minori rispetto al rigore richiesto dalla dottoressa De Luca.

Il deposito delle motivazioni, in ogni caso, chiarirà i percorsi seguiti dal giudice nella distribuzione delle pene con la difesa (avvocati Angelo Casa, Samantha Dellisanti, Davide De Santis, Ignazio Dragone, Salvatore Maggio, Adriano Minetola, Enzo Sapia e Gaetano Vitale) che attende le motivazioni e preannuncia l’appello. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia