Il ragazzo del kart dalla Valle d'Itria al circus della F1

Il ragazzo del kart dalla Valle d'Itria al circus della F1
Il sogno più ricorrente era una monoposto del grande circus. Da guidare in pianta stabile. Lo cullava da quando il padre gli regalò il kart e lo portò a...

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Il sogno più ricorrente era una monoposto del grande circus. Da guidare in pianta stabile. Lo cullava da quando il padre gli regalò il kart e lo portò a girare sulla pista Touch & Go della sua Martina Franca. Aveva solo tre anni e mezzo, Antonio Giovinazzi. Aspettava il momento, certo - in cuor suo - che sarebbe arrivato. Poi, verso la fine di settembre, il mese del ripensamento, dove ti siedi, pensi, ricominci il gioco e come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità - viene in mente Guccini -, lo hanno contattato per ufficializzargli l'ingresso in Formula 1, stavolta a tempo pieno. Ciò che più di tutto desiderava. Così a 24 anni la tempra, il vigore, il coraggio che alimentavano (e alimentano) il fuoco di Giovinazzi hanno incontrato il palcoscenico ideale, il più competitivo, il più voluto, per manifestarsi ancora, per confermare l'innato talento. A dare fiducia e finalmente anche il volante da titolare per il 2019 al pilota martinese è l'Alfa Romeo, tornata a gareggiare insieme alla scuderia svizzera Sauber motorizzata Ferrari. Una scelta da leggere però come un «passo naturale - fa notare la casa del biscione - anche in considerazione del solido rapporto che fin dalla tenera età lega Giovinazzi al marchio». Affiancherà Kimi Raikkonen ai nastri di partenza della prossima stagione motoristica il driver pugliese, che a caldo aveva parlato di «grande opportunità e grandi motivazioni» e che giorni fa a Sky ha confessato l'ebbrezza per la nuova avventura. «Avrò la mia macchina e il mio team. Sono contento ovviamente del mio compagno di squadra che sarà Kimi, da lui posso imparare tanto e anche con Alfa Romeo Sauber possiamo crescere insieme e fare benissimo».

Sentimenti genuini, come l'emozione di papà Vito, responsabile commerciale della Schenker Italiana di Bari, azienda leader nel campo dei trasporti, che tuttavia evita proclami conscio dei sacrifici fatti fin qui per tagliare - è il caso di dire - questo primo traguardo. «Tutto ciò è incredibile, ma si è avverato - spiega -. Perché noi sappiamo bene che per arrivare in Formula 1 ci vuole il budget. Essere lì solo ed esclusivamente per le proprie qualità è un fatto raro. Sotto questo aspetto devo tanto all'indonesiano che ci ha fatto da sponsor nelle categorie minori e, chiaramente, ringrazio il gruppo Ferrari che ha puntato su Antonio fino a dargli l'opportunità di debuttare in Formula 1». L'indonesiano corrisponde al nome di Ricardo Gelael, manager con una sfrenata passione per il motorsport e papà del pilota Sean, che fin dai tempi del karting - cioè quando è più arduo intuire qualità o credere in qualche astro nascente - ha supportato la carriera di Giovinazzi coltivando con il pilota una sincera amicizia. Sostenuto da Gelael, Giovinazzi dimostra subito il suo talento in Formula 3 europea con il team Double R Racing, gareggiando anche nel Master di Formula 3. Siamo nel 2013. L'anno successivo inizia a correre per la scuderia automobilistica britannica Carlin. Poi nel 2015 l'appuntamento russo del Dtm alla guida di un'Audi RS5 del team Phoenix Racing. Il debutto in Gp2, l'attuale Formula 2, arriva nel 2016 con il team Prema Powerteam. Conquista la sua prima vittoria nella categoria durante il Gran Premio d'Europa e si aggiudica il secondo posto nella classifica finale della stagione con cinque successi.
Il retrogusto amaro per il titolo sfuggitogli sul filo di lana però gli resta dentro, ovvio, mitigato dal salto in Ferrari come terzo pilota. È la fine dell'anno quando l'allora presidente della Rossa, Sergio Marchionne, annuncia con soddisfazione e orgoglio al mondo intero l'ingaggio di un driver italiano all'interno della scuderia di Maranello. «E dire - ammette papà Vito - che per noi l'obiettivo principale era l'affermazione di Antonio nel kart come pilota professionista e in una scuderia di prim'ordine. L'arrivo di Gelael ha cambiato i piani e alzato l'asticella. Ma non avevamo mai pensato a un discorso di Formula 1». D'ora in poi invece, dopo due anni di test al simulatore Ferrari - che, fermo restando l'esperienza affascinante e ambita, è un po' come la sensazione provata da un calciatore che dopo l'ingaggio in un top club non gioca mai e dalla panchina vede gli altri farlo - i discorsi, i confronti e le analisi sui circuiti del grande circus, su strategie, pit-stop, cambi gomme, tempi di qualifiche, perfomance da migliorare, scandiranno i giorni Giovinazzi. Che la Formula 1 se l'è ripresa con caparbietà, bravura, volontà, pazienza.
Gliel'avevano data nella primavera di un anno fa, in Australia. Neppure il tempo di realizzare ciò che stava accadendo che il martinese si dovette spostare di corsa dai box della Rossa proprio in quelli Sauber per guidare la vettura nella terza sessione di prove libere a causa del forfait del tedesco Wehrlein. L'esordio assoluto in un Gran Premio con il marchio della casa svizzera. Sedicesimo in griglia, dodicesimo al traguardo. Un buon debutto, cui fece seguito il Gran Premio di Cina, sempre su Sauber, andato in archivio con un fuori pista. «Si è sempre parlato di ciò che accadde in Cina e poco del debutto in Australia - ammonisce papà Antonio -. In Australia tutto accadde all'improvviso, venerdì sera dissero ad Antonio: Probabilmente domani corri. Lui non conosceva né la pista né la macchina, perché impostata come assetto per l'altro pilota, per cui arrivare dodicesimo, cioè quasi a punti, è stato grandioso. In Cina, poi, non era facile dimostrare tutto in un giorno. Sono certo che su quel circuito l'anno prossimo si riscatterà». Magari pure con un tempo record, come quello fatto registrare lo scorso luglio in Ungheria, dove - sempre su Ferrari ha dominato e chiuso al comando la prima giornata di test con un notevole 1:15.648, stabilendo il record non ufficiale del circuito (perché non arrivato in una sessione di gara, qualifica o Gp).

Con Giovinazzi la Formula 1 tornerà ad avere un pilota italiano in pianta stabile otto anni dopo Jarno Trulli da Pescara e Vitantonio Liuzzi da Locorotondo (evidentemente c'è un filo diretto tra la Valle d'Itria e i bolidi dell'alta velocità). «È il secondo pugliese a raggiungere un risultato così prestigioso», commenta Angelo Sticchi Damiani, presidente leccese dell'Automobile Club d'Italia e vicepresidente mondiale sport della Fia (la Federazione internazionale dell'automobile), che parla di «fantastica opportunità per i colori italiani». In effetti con questo risultato si compie la mission dell'Aci finalizzata all'individuazione e alla formazione delle promesse dell'automobilismo italiano. «Abbiamo creato una filiera dove noi come Aci aiutiamo molto nei primi passaggi per il salto finale dalla Formula 2 alla Formula 1 - prosegue Sticchi Damiani. Pazienza e umiltà sono le doti che hanno aiutato Giovinazzi. Sarà bello vederlo correre insieme a Raikkonen di cui ha configurato in questi anni la macchina. L'esperienza del finlandese lo aiuterà. Credo che dimostrerà il suo valore perché stavolta non saranno solo due gare da affrontare per giunta senza prove, al contrario avrà dalla sua la serenità di avere un sedile per tutta la stagione». Un futuro da programmare con ansie ridotte e più certezze, seguendo il consiglio di papà Vito: «Piedi per terra, testa bassa e lavorare, questo deve fare Antonio. Che è quello che ha sempre fatto. Poi se dovesse diventare un pilota affermato aprirò io, come padre, un fan club a Martina». In sostanza un invito alla calma. Però, stavolta, è il turno di Giovinazzi: dai box della Formula 1 uscirà la sua Alfa Romeo-Sauber. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia