OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
La preoccupazione dei sindacati a pochi giorni dalla chiusura ufficiale della trattativa tra governo e Mittal è più viva che mai. È stato ribadito da Fiom, Fim, Uilm e Usb anche ieri durante l'audizione via web in commissione Lavoro della Camera.
Troppi ancora gli interrogativi, i punti oscuri e i pochi dettagli sull'accordo tra Invitalia e Am Italia per l'ingresso della società statale nel capitale di Am Investco con una quota iniziale del 50%. La prossima settimana arriverà la sigla che definirà ogni dettaglio.
«Prima che la firma sia definitiva - ha detto Guglielmo Gambardella, segretario nazionale Uilm - ci sia una discussione con le organizzazioni sindacali, chiediamo che sia un accordo ancora aperto al confronto, e non chiuso. E soprattutto che non ci siano esuberi». Ai parlamentari Gambardella ha spiegato che sul piano ambientale non è stato presentato nulla mentre sicuramente «è previsto ancora il ricorso agli ammortizzatori sociali ma è un periodo ancora troppo lungo per noi e non ne vediamo ancora il motivo».
Per la Fiom era collegato il responsabile nazionale della siderurgia, Gianni Venturi. Durante l'intervento, ha snocciolato dati interessanti: Taranto produce il 67 per cento del consumo effettivo di tutta la manifattura italiana, nel 2020 Taranto chiuderà a meno di 3,5 milioni di tonnellate di produzione e c'è il rischio di dover dipendere sempre di più dall'acciaio importato che ha una impronta maggiore di carbonio perché prodotto negli impianti dell'Est.
«Diamo un giudizio positivo sul coinvestimento di Invitalia immaginando che dietro questo vi sia un profilo strategico - ha dichiarato Venturi - Il memorandum, se non accade nulla, vedrà la firma tra il 10 e 11 dicembre mentre non sono ancora chiare le ricadute del piano industriale».
Dubbi e critiche esternate ai parlamentari anche da parte dell'Unione sindacale di base rappresentata ieri da Sasha Colautti e Francesco Rizzo: «Il famoso piano di cui si parla non ci convince, soprattutto la riproposizione della produzione che parte con 5 milioni di tonnellate da subito per arrivare poi a 8 milioni. Bisogna pensare a strumenti di accompagnamento per le persone che volontariamente vorranno uscire nel corso dell'attuazione di questo piano. Su Taranto bisognerebbe fare quello che si è fatto su Genova e su Trieste recentemente. È vero che Taranto ha dimensioni più grandi ma proprio per questo serve un accordo di programma che permetta di uscire definitivamente dal conflitto salute-lavoro».
A proposito di azienda, infine, da registrare una novità. ArcelorMittal Italia ha deciso di potenziare la propria struttura commerciale che da qualche tempo si è staccata da quella del gruppo. Ad Andrea Bellicini viene affidata la direzione commerciale lamiere e tubi mentre Alessandro Faroni è stato nominato responsabile della direzione vendite coils già dallo scorso mese di novembre. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia