Di Marzio: "Lecce, i big devono restare anche in serie B"

Marco Mancosu
Il Lecce poliglotta, tante lingue, tanti Paesi, un segno del tempo, riparte domani, la vigilia della domenica, nel tempo del calcio che vive dei diritti televisivi, quello degli...

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Il Lecce poliglotta, tante lingue, tanti Paesi, un segno del tempo, riparte domani, la vigilia della domenica, nel tempo del calcio che vive dei diritti televisivi, quello degli spezzatini e degli orari impossibili, come le 14 del sabato. Il “suo” Lecce, quello dell’alba degli anni Ottanta, il Lecce di Gianni di Marzio, 1980-81, da novembre in poi dopo l’esonero di Mazzia, e 1981-82, rispettivamente nono e tredicesimo posto, parlava solo rigorosamente la lingua italiana, con le cadenze salentine di Pasquale Bruno, di Primo Maragliulo, di Progna, i toni baresi di Michele Lorusso e di Lorenzo Ferrante, quello calabrese di Carmelo Miceli, e i timbri delle altre regioni della penisola.

«E’ la legge della globalizzazione che ha battuto, com’è giusto, ogni confine e che richiede conoscenze universali del mercato pallonaro. A Lecce è tornato Pantaleo Corvino che conosce ogni angolo del mondo calcistico come le sue tasche», dice Gianni Di Marzio, già responsabile del mercato estero della Juventus per lunghi anni, e ancora consulente del Queens Park Ranger e del Wolfsburg. Del Lecce di Corvino, Di Marzio, conosce tutti i volti nuovi. Il polacco Listkowski «mi era stato già segnalato da alcuni amici, lo avevo contrattato, ha fatto la trafila di tutte le nazionali giovanili, ha grandi prospettive, è un brevilineo, è una mezzala che usa entrambi i piedi, bravo anche da esterno. Ha grandi prospettive». E poi gli ultimi arrivati, Henderson, figlio d’arte per via del papà calciatore, che conosce già da tre anni il calcio italiano «un grande fisico, roccioso, tosto, ottima mezz’ala, importante a centrocampo», e il macedone Zuta «rapido, classico marcatore sull’anticipo». L’ultimo Adjapong, un altro che ha già imparato il calcio nostrano: «E’ uno degli investimenti per il futuro, come nella politica di Corvino. Una scelta interessante per la fascia destra». E se dovessero arrivare Bouah e Rodriguez, «sarebbero due grandi colpi, di quelli alla Corvino maniera». I rinforzi italiani? «Paganini e Coda sono due pezzi da novanta, sanno come si vince».

Ma il Lecce che parte domani ha anche le fondamenta importanti della scorsa stagione, Mancosu, Falco, Petriccione, salvo sviluppi diversi dalle battute finali del mercato. «Sono giocatori che devono rimanere, perché fanno la differenza. Certo, quando hanno giocato in B due campionati fa, erano animati dalla fame di realizzarsi. Ora che tornano in B dalla categoria superiore, corrono il rischio di vivere la stagione psicologicamente, come una frustrazione. E sia loro che la società, devono essere sicuri che ciò non accada. C’è Majer che è importante e prevedo un Tacthisidis all’altezza del suo primo campionato di B, quando fu decis Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia