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«Siete voi che state facendo del male a nostra mamma, il Covid non c’entra» urlavano i figli di una settantenne non vaccinata, intubata nella clinica di rianimazione dell’ospedale Torrette. Non volevano ammettere, fino all’ultimo, che la madre era in quelle condizioni perché l’avevano convinta a non immunizzarsi. Racconta il primario, il professor Abele Donati: «Serve molta pazienza, utilizziamo molto del nostro tempo per parlare con i familiari No vax dei malati intubati. Non va sempre così: ci sono anche molti pazienti che, quando si riprendono, si rendono conto dell’errore commesso non vaccinadosi». Il professor Venerino Poletti è il direttore del Dipartimento toracico dell’Azienda sanitaria della Romagna e docente all’Università di Bologna. Dalla prima linea della Terapia sub-intensiva di Forlì l’altro giorno non ha frenato il suo carattere sanguigno romagnolo quando, in due occasioni, due pazienti No vax, un uomo e una donna, entrambi con respirazione assistita, hanno aggredito verbalmente le infermiere.
No vax, la rabbia dei medici
«La cosa che più mi ha fatto arrabbiare - racconta - è che sono più volgari con le infermiere donne che con gli uomini». Hanno usato la parola «merde» e altre immaginabili quando si vuole offendere una donna e la cosa più incredibile è che nel reparto di Sub intensiva hanno salvato la vita di entrambi. Ma per la loro logica folle se stavano male, la colpa non era del Covid e dell’incoscienza di non vaccinati, ma di medici e infermieri. «Entrambi sessantenni, uno si occupa di finanza, l’altra è un’insegnante. Ecco, la cosa che mi sorprende è che stiamo vedendo non pochi insegnanti tra i No vax che finiscono in ospedale. Sia chiaro, per fortuna non va sempre così, molti ci ringraziano per averli guariti, ci dicono che si sono sbagliati e che convinceranno altre persone a vaccinarsi. Tra i pazienti No vax in sub intensiva purtroppo ci sono anche coloro che sono in quelle condizioni per amore: sono gli anziani che non se la sono sentita di dire di no ai figli No vax e non si sono vaccinati. Si sono fidati e ora stanno male. Ma tanti sono anche coloro che avevano avuto semplicemente paura del vaccino».
All’ospedale San Martino di Genova il professor Angelo Gratarola, direttore dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione, snocciola la statistica: su 30 pazienti in terapia intensiva, il 90 per cento non è vaccinato, gli altri sono o persone che non hanno avuto risposta immunitaria perché ad esempio sono pazienti oncologici o anziani che non hanno ancora ricevuto la terza dose: «Di fronte ai numeri, c’è poco spazio per l’ideologia - racconta - ma fa piacere quando vedi pazienti come un cinquantenne No vax appena guarito che ringrazia e dice di sentirsi un miracolato».
Frustrazione
In questo reparto, che dal marzo 2020 ha trattato più di 1.400 pazienti gravi, di fronte a determinati atteggiamenti serpeggia anche la frustrazione: «Quelli che non ce la fanno - prosegue Antonelli - e hanno scelto di non vaccinarsi ti lasciano una profonda amarezza, sono morti che si sarebbero potute evitare». Sempre al Gemelli un uomo No vax over 40 tra i più conosciuti tatuatori della Capitale è stato a lungo ricoverato in terapia intensiva. Ha sconfitto il Covid e con le lacrime agli occhi quando ha lasciato il reparto sulle sue gambe ha detto ai medici: «Che grande errore che ho fatto a non vaccinarmi». «Qualche tempo più tardi abbiamo ricevuto una lista di persone - conclude Antonelli - uomini e donne che si sono vaccinati perché convinti dal paziente, ce l’ha inviata e spesso accade questo: i No vax che si salvano diventano i più forti sostenitori della campagna vaccinale. Purtroppo non sempre va così». Succede persino che pazienti gravi decidano di lasciare l’ospedale. «Abbiamo avuto tre uomini ricoverati in terapia intensiva - aggiunge Francesco Pugliese, direttore del Dea dell’Umberto I, altro policlinico della Capitale - che non erano intubati ma versavano in gravi condizioni, hanno firmato le dimissioni e pur provando a fermarli in ogni modo sono andati via. Sono poi morti a casa». Soltanto giovedì pomeriggio Pugliese ha dovuto “combattere” per convincere tre uomini non vaccinati tra i 50 e i 60 anni ad accettare l’Ecmo, l’ossigenazione extracorporea. «L’unico modo per non perderli - commenta il primario - ma a volte è davvero difficile».
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Quotidiano Di Puglia