Soltanto trentasette Comuni su 258 hanno approvato e adottato il Pug, e tra questi 12 non sono neppure compatibili; i Pdf (Programma di fabbricazione) in vigore sono appena 63 e...
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Senza l'adeguamento dei Pug al Piano paesaggistico territoriale (Pptr) e la loro approvazione, da anni era diventata prassi per i Comuni agire in deroga per autorizzare le varianti urbanistiche di destinazione d'uso. La Regione ha, però, deciso di dare un giro di vite, adesso ogni volta che un Comune autorizza in deroga una variante deve dimostrare di non avere, là dove insiste la variante, le aree con quella stessa destinazione d'uso. In sostanza, come accaduto a Lecce, quando l'amministrazione riceve una proposta d'investimento in una determinata zona, che però presenta destinazione d'uso non compatibile, e chiede di agire in deroga, deve dichiarare che nel piano regolatore non sono presenti altre aree compatibili o sufficienti da destinare alla stessa tipologia di investimento. Il problema, però, è a monte, cioè nella difficoltà dei Comuni di adottare un nuovo Pug: lo hanno fatto solamente 37 su 258, ma 12 sono stati bocciati perché ritenuti incompatibili con il Pprt. Non solo: persino il Programma di fabbricazione è uno strumento poco applicato, lo adottano 63 su 258. Eppure, il Pdf è nato proprio per andare in contro alle amministrazioni in difficoltà, perché è più semplice da pianificare rispetto al Pug per contenuti, effetti e procedura di approvazione. Dai Comuni si difendono sostenendo che, per colpa dei tagli ai trasferimenti da Roma, negli ultimi 15 anni gli uffici tecnici si sono impoveriti, ridotti all'osso e adottare un Pug diventa una missione impossibile, o quasi. Basti pensare che in Puglia sono in vigore Piani regolatori vecchi di 50 anni, alcuni sono fermi infatti al secondo Dopoguerra.
Un problema non di poco conto, perché come accaduto a Lecce significa mettere a rischio investimenti, o perderli del tutto. Cosa è accaduto nel capoluogo salentino? Dopo aver incassato il parere positivo alla variante urbanistica di destinazione d'uso da parte del Comune e della Soprintendenza (che aveva chiesto e ottenuto una modifica e un ridimensionamento del progetto iniziale), gli uffici regionali hanno bloccato l'iter per il recupero delle ex Stimmatine in sede di procedura Suap (Sportello unico per le attività produttive). Il motivo va ricercato nell'orientamento più rigido assunto da Bari negli ultimi mesi nelle decisioni sulle varianti al Piano regolatore generale.
Come, appunto, quella richiesta per trasformare l'ex istituto religioso in un residence di lusso. Così, si è arenato il progetto presentato nel 2016 dalla società Luxury Class, che prevedeva un investimento di 10 milioni di euro per la creazione di suite a 5 stelle, spa, centro benessere, palestra e un parcheggio interrato a servizio della struttura. Persino per i Piani comunali delle coste la Regione è stata costretta a commissariare 24 amministrazioni perché in ritardo nell'approvazione. Il piano coste è uno strumento di pianificazione, di assetto, gestione, controllo e monitoraggio del territorio costiero comunale. Le norme consentono ai comuni di tutelare il paesaggio, salvaguardare l'ambiente, garantire il diritto dei cittadini all'accesso e alla libera fruizione del patrimonio naturale pubblico e disciplinano l'utilizzo del litorale per uso eco-compatibile.
Nella lista delle amministrazioni in ritardo stilata lo scorso marzo e che ha portato al commissariamento c'erano Alliste, Andrano, Cagnano, Castrignano del Capo, Castro, Chieuti, Diso, Gagliano del Capo, Ischitella, Leporano, Maruggio, Mattinata, Melendugno, Morciano, Peschici, Salve, Santa Cesarea Terme, Serracapriola, Torchiarolo, Torricella, Vernole, Vico del Gargano e Zapponeta. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia