Come da classico copione: lo sprint è nelle ultime ore, quando ricche dosi di lievito fanno impennare il numero di iscritti. Tanto, ma non troppo. S’è chiuso a...
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Il ruolo dei tesserati è concentrato perlopiù nella prima parte del congresso; le primarie, invece, saranno aperte a tutti. «La mia tessera di iscrizione al Pd», ha scritto intanto Matteo Renzi su Instagram, pubblicando una foto della tessera di iscrizione al Pd rinnovata e ritirata al circolo Vie Nuove di Firenze. «Oggi a pranzo nel mio circolo. Una comunità di persone libere che sceglie la democrazia interna. Da noi, solo da noi, #unovaleuno», ha aggiunto citando così uno slogan caro al M5s.
Michele Emiliano, altro competitor alla segreteria, lancia il guanto di sfida: «Se dovessi diventare segretario del Pd cercherò di riunire il centrosinistra, dal centro del cattolicesimo democratico alla sinistra. E la prima cosa che farò è riportare a casa la scissione che è stata voluta dal segretario uscente per liberarsi di ogni opposizione. E poi mi piacerebbe costruire un rapporto leale, collaborativo, con il Movimento 5 Stelle: certo, non aiuta il fatto che con il Pd i Cinque stelle siano spesso offensivi». «Se Renzi vince non solo resto nel Pd, ma lo marco e come lui si distrae gliene dico di tutti i colori. Non farò l’opposizione all’acqua di rose fatta da qualche suo ministro o collaboratore, ma un’opposizione dritto per dritto». E ancora: «La candidatura di Andrea Orlando è utile perché sta disgregando il fronte renziano», compattando quelli che «non sarebbero mai venuti con me». In corsa per il congresso ci sono «le cose vecchie che non si aggiustano, cioè Renzi. Le cose vecchie che si aggiustano, Orlando. E poi ci sono io».
Proprio il ministro alla Giustizia vuol impostare in modo diverso la sua campagna: «Vorrei uscire dall’ossessione del renzismo e antirenzismo. Abbiamo preso una botta fortissima al referendum, un partito ragionevole si doveva fermare, ragionare e capire come rispondere tutti insieme. E invece si è cercato di andare a elezioni, una strada che è stata sbarrata, poi il Congresso. È una specie di rimozione. Riteniamo, e io non sono d’accordo con questo, che una campagna elettorale permanente possa servire a coprire quell’insuccesso». «Penso ci sia una larga maggioranza di elettori di centrosinistra che ritengono ci sia da ricostruire la comunità del Pd. La nostra sfida non è fare la sinistra del Pd, ma rifare il Pd. D’Alema ha grosse responsabilità, chi se ne va sbaglia sempre. Ma le cause della lacerazione sono più profonde. Non abbiamo solo perso queste persone che hanno deciso, sbagliando, di promuovere una scissione, ma tanti militanti e iscritti. Quella è la scissione che mi preoccupa di più». Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia