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Dal primo agosto 2019 al 5 agosto 2020 l'ormai ex direttore generale di Asset Puglia Elio Sannicandro non avrebbe mai prelevato denaro dal suo conto corrente e non avrebbe quasi mai utilizzato il bancomat. Eppure, durante una perquisizione in casa sua effettuata il 28 luglio 2020, sarebbero stati trovati 8.500 euro in contanti (sottoposti a sequestro probatorio), ai quali si aggiungono altri 3.000 euro utilizzati, secondo quanto emerso da alcune conversazioni su Whatsapp, "a titolo di acconto per l'acquisto di elementi di arredo".
Questo, secondo la Procura di Bari, contribuisce a dimostrare che l'ex dirigente regionale avrebbe ricevuto 60mila euro dall'imprenditore di Lucera Antonio Di Carlo e da Sergio Schiavone, presunto mediatore nell'affare e dipendente del Coni, per facilitare l'aggiudicazione di un appalto integrato relativo alla realizzazione di lavori in alcuni bacini idrografici. Per questo Sannicandro è indagato per il reato di corruzione, in un'operazione che coinvolge 23 persone, ed è stato interdetto dagli uffici pubblici per un anno. Nel frattempo è già stato sostituito, per volere del governatore Michele Emiliano, dal generale della guardia di finanza in pensione Salvatore Refolo con decorrenza immediata.
L'accusa
Da parte sua, l'ex dirigente si difende: «Chiarirò agli inquirenti di essere estraneo ai fatti contestati e chiederò al più presto la revoca del provvedimento interdittivo».
Secondo il gip Giuseppe Battista, che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare di 380 pagine, ad avvalorare l'ipotesi accusatoria sarebbe anche un altro dettaglio: l'ex commissario regionale per il dissesto avrebbe "pressoché svuotato si legge nelle carte - al 30 settembre 2020 (meno di due mesi dopo la perquisizione più volte citata) il proprio conto corrente, operando numerosi bonifici, quasi sempre dell'importo di 5.000 euro, a favore della moglie Rita Semeraro (con la quale è in regime di separazione di beni) e delle proprie sorelle Lucrezia e Patrizia, con causali generiche spese familiari".
L'ex dirigente avrebbe quindi cercato di "privare il patrimonio di beni più facilmente aggredibili" cedendo "il 28 dicembre 2021 quanto di sua proprietà alle sorelle, le quali a stretto giro, gli hanno restituito il denaro bonificato in occasione delle compravendite immobiliari".
Secondo l'accusa Sannicandro, in qualità di soggetto attuatore per l'ufficio del commissario straordinario delegato per l'attuazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico per la Regione Puglia, "con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso" avrebbe "ricevuto denaro in più occasioni" dall'imprenditore e dal presunto mediatore, "per una somma complessiva di almeno 60mila euro quale corrispettivo per favorire le società nella partecipazione e nell'aggiudicazione nelle gare pubbliche bandite a novembre 2019", in particolare "l'appalto integrato per la progettazione esecutiva e realizzazione delle opere di mitigazione e prevenzione dal rischio idraulico nei bacini idrografici del torrente Picone e della lama Lamasinata".
Secondo il gip, che avvalora la tesi accusatoria della Procura di Bari, Sannicandro si sarebbe anche interessato "personalmente con Giorgio Borrelli, presidente della commissione di gara, sull'andamento dei lavori della commissione e sulle modalità di assegnazione dei punteggi, incontrandolo privatamente nei giorni delle sedute".
Le intercettazioni
A corroborare le accuse ci sono lunghe intercettazioni telefoniche e ambientali riportate nell'ordinanza nelle quali Di Carlo a una sua collaboratrice confiderebbe di aver «pagato 60mila euro per tre gare, alla fine ne ho vinta solo una», aggiungendo: «Non è possibile che per ottenere dei lavori ci sia bisogno di pagare».
Quotidiano Di Puglia