La triplice tappa del tour - Martina Franca, Taranto, Lecce - non è affatto come le altre: Matteo Renzi torna nella Puglia di Ilva e Tap, dossier spinosi, e di Michele...
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Martina, Taranto e infine Lecce, qui sottratto dallo staff alle domande del cronista. Tutte e tre le sale ben stipate di renziani di ferro, spesso più oltranzisti del leader - «in centinaia» assicurano i fedelissimi pugliesi - e format consolidato: 45 minuti di one man show sull'ultimo libro, Un'altra strada. Titolo che, s'affretta a precisare Renzi dal palco leccese, non strizza l'occhio alla gestazione di un nuovo partito, ma indica «l'alternativa alla deriva populista e demagogica» di M5s e Lega, «altrimenti facciamo come quelli che hanno il coraggio di dire che siamo la stessa cosa di Di Maio e Salvini...c'è chi ha trascorso quattro anni a fare la guerra a me, al Matteo sbagliato». E chissà se c'è un velato riferimento proprio alle continue cannonate di Emiliano. Di sicuro il siparietto sul governatore va in scena a Lecce: «Magari avrò preso fischi anche da voi quando venivo a parlare di Tap in Fiera del Levante...», «no, no» replica di rimando la sala, «beh, qualche pugliese ci sarà, a cominciare da...(e indica verso l'alto col dito, ndr)», «Emiliano, Emiliano» urla qualcuno dal pubblico, «no, non fare quel nome altrimenti succede un casino...» ironizza l'ex premier. Parole da monitorare, visto che una larga parte del mondo renziano rema in direzione ostinata e contraria alla ricandidatura di Emiliano. Renzi poi continua: «Sono venuto in passato a difendere le ragioni del Tap, anche con qualche contestazione. Ma siamo stati seri, a differenza di Di Battista che aveva promesso lo stop al gasdotto in 15 giorni. E invece il Tap giustamente va avanti». Stesso registro a Taranto: «Sono emozionatissimo nel tornare, sono venuto più volte, abbiamo fatto tante cose, ho preso un sacco di fischi, oggi è la prima volta che sono venuto e non c'era nessuno fuori a contestarmi. Di Maio, Lezzi e Toninelli dimostrano come questo Governo è incapace di affrontare le sfide. Se c'è città dove il populismo mostra i suoi limiti, questa è Taranto. Noi quando siamo arrivati al Governo eravamo ad un bivio: chiudere tutto, una delle più grandi acciaierie del mondo, e annullare le aspettative di 15mila persone, oppure cercare di fare un progetto-Taranto che adesso ha delle possibilità concrete. Sono orgoglioso del lavoro che è stato fatto. Venendo qui, quando ho visto l'inizio della copertura dei parchi minerali, sono stato orgoglioso del fatto che abbiamo posto le basi per un futuro diverso, anche facendo il minimo indispensabile, sono stato orgoglioso che il ministro e il presidente della Repubblica siano venuti qui a inaugurare l'anno scolastico e che gli interventi sulle scuole abbiano trovato copertura dello Stato». Ma è il «messaggio da far arrivare a Di Maio, Toninelli e Lezzi è che c'è uno strumento già attivo, il Contratto istituzionale di sviluppo per Taranto. Voi avete il compito e il dovere di spendere quegli 1,1 miliardi che vi abbiamo lasciato e se non lo fate state distruggendo un provvedimento a favore di questa città. Riattivate il Cis, smettetela con le polemiche».
A scortare nelle tre tappe l'ex premier erano Teresa Bellanova e Dario Stefàno, senatori e riferimenti cardine in Puglia. A Taranto spunta il sindaco Rinaldo Melucci, a Lecce baci e abbracci tra Renzi e l'ex sindaco (ora candidato del centrosinistra) Carlo Salvemini. A cui viene tributato dal palco l'endorsement ufficiale: «Dobbiamo prenderci la rivincita alle amministrative dopo quello che è successo a Carlo. Andiamo a votarlo». Alle Cantelmo si vede anche Stefano Minerva, sindaco di Gallipoli, presidente della Provincia, ma soprattutto emilianiano di stretto rito. E il congresso? Renzi non dice per chi voterà, «ma chiunque vincerà avrà il mio sostegno, non faccio polemiche, come quelle che mi hanno costretto per due volte a vincere le primarie col 70% e ad essere massacrato dal fuoco amico». Tutto il resto del trittico jonico-salentino è un inno anti-gialloverde su rapporti internazionali, recessione, mancati investimenti, reddito di cittadinanza, gestione dei migranti. Indica «un'altra strada», Renzi, ma l'impressione è che sia ancora indefinita e da tracciare. Magari con qualche sorpresa. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia