Setaccia risorse e fonti di finanziamento, Michele Emiliano. E distingue gli «atti dovuti» dalle «battaglie» faticosamente vinte, almeno nella sua ottica....
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Risorse di fatto parte integrante del Patto, o perlomeno fiorite sullo stesso tronco. Ed è su questo punto che Emiliano sfoggia più di entusiasmo: «Aver ottenuto quelle risorse è la dimostrazione della forza della Puglia. Eravamo tra le poche Regioni del Sud con un patrimonio di progetti maturi candidati al finanziamento. Se non avessimo avuto questa maturità e capacità di lavoro dell’amministrazione regionale con il governo, questa ulteriore operazione non sarebbe stata possibile. Sono soddisfatto: alla fine la nostra pretesa di avere quanto ci spettava è stata ascoltata. In questo modo dovremmo attestarci quasi sui 4 miliardi del Fondo sviluppo e coesione, cioè un po’ meno dei 5 che dovevamo avere. Abbiamo centrato un obiettivo, il governo ha fatto uno sforzo notevole e gliene sono grato. Ecco, questo non era un atto dovuto, ma il frutto del lavoro politico fatto successivamente», «e in quest’ultimo periodo c’è una buona collaborazione generale col governo».
Nubi che si diradano, ed è un buon segnale. Per nulla scontato, stando ai burrascosi e ciclici precedenti tra Emiliano e Renzi. Ma a cosa fa riferimento il governatore nello scindere Patto Puglia («un atto dovuto») e ulteriori risorse del Fsc («battaglia vinta»)? Nei mesi scorsi, quando il governo ha costruito l’ossatura del Masterplan e delle intese con le Regioni, alla Puglia sono stati destinati 2 miliardi del Fsc (che, come il vecchio Fas, si alimenta di fondi nazionali e ha il compito di accorciare la forbice Nord-Sud). La ripartizione ha però subito scatenato l’ira di Emiliano: «La quota pugliese è di 5 miliardi, all’appello ne mancano 3, in realtà utilizzati in altro modo dal governo», era il refrain di quelle settimane. Repliche e controrepliche a muso duro, che di fatto hanno sbattuto più volte in officina il Patto. Ad agosto però il Cipe ha tolto il lucchetto ad altri 15 miliardi di Fsc: 11,5 per i trasporti e le infrastrutture, circa 2 per l’ambiente, e di questi rispettivamente 1,3 miliardi e 150 milioni per la Puglia. Ristabilendo, se non in tutto almeno in parte, l’equilibrio invocato a pieni polmoni da Emiliano. Differente è però il corredo genetico degli interventi finanziati dal Patto rispetto a quelli premiati da questa seconda tornata agostana: nel primo caso si tratta di opere e misure subito cantierizzabili o realizzabili (in tutto 44 interventi su trasporti, strade, consorzi di bonifica, ambiente, incentivi alle imprese, turismo e cultura, occupazione e inclusione sociale); nel secondo invece di interventi di gittata più lunga, e che transitano soprattutto da Anas e Rete ferroviaria italiana (almeno nel caso degli 1,3 miliardi per infrastrutture e trasporti).
Tutto bene? Quasi. La buccia di banana, quando i protagonisti sono Emiliano e Renzi, c’è sempre. E in questo caso l’inciampo è tutto nei dettagli, e cioè nel cerimoniale della firma di sabato: dalla Regione l’altroieri è partita comunicazione ufficiale (e pubblica) verso palazzo Chigi con la bozza di programma, e cioè alle 9 sottoscrizione del Patto in Consiglio regionale alla presenza di tutti i consiglieri, poi alle 11 inaugurazione della Fiera del Levante. Ma a Roma poco avrebbero gradito “l’invasione di campo” e la forzatura sul programma. Al punto che a Bari ieri non è arrivata alcuna risposta.
Ma tant’è. Emiliano è ottimista, nonostante tutto e nonostante (anche) l’incolmabile distanza politica da Renzi (soprattutto in materia referendaria): «È molto interessante come in quest’ultimo periodo ci sia una buona collaborazione generale col governo. Per esempio, che De Vincenti sia voluto venire sabato scorso ad assistere alla firma del protocollo per il porto di Otranto, un atto in fondo solo tra me e il sindaco, è stato un bel gesto. L’ho interpretato come un riconoscimento per la Puglia: siamo una Regione che non dice “no” senza un motivo, e che vuol collaborare col governo». Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia