Mafia, in Puglia le aziende confiscate sono il 6% del totale nazionale. Ecco di cosa si occupano adesso

Mafia, in Puglia le aziende confiscate sono il 6% del totale nazionale. Ecco di cosa si occupano adesso
Commercio, costruzioni e ristorazione: la nuova vita delle aziende confiscate alla mafia che in Puglia sono 173 pari al 5,9% del totale nazionale (2942). Di queste, 61 si...

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Commercio, costruzioni e ristorazione: la nuova vita delle aziende confiscate alla mafia che in Puglia sono 173 pari al 5,9% del totale nazionale (2942). Di queste, 61 si trovano nella provincia di Bari e 15 in quella di Barletta-Andria-Trani. Quelle del Barese operano prevalentemente nei settori commercio (29,5%), alloggi e ristorazione (23%) e costruzioni (16,4%), mentre nella Bat nel commercio (33,3%) e costruzioni (26,7%) e a seguire in alloggi e ristorazione (13,3%).

Provincia di Bari

Nella provincia di Bari il 31% delle aziende confiscate risultano cessate, stessa percentuale di quelle ancora attive, mentre il 28% è sottoposto a procedure concorsuali. E' quanto emerso nella giornata conclusiva del progetto Open Knowledge "Imprese confiscate alla criminalità organizzata", i cui risultati sono stati presentati oggi - 29 maggio - negli uffici della camera di commercio di Bari. All'evento hanno partecipato anche la prefetta di Bari Antonia Bellomo, i procuratori della Repubblica Roberto Rossi (Bari) e Renato Nitti (Trani), il referente di Libera Puglia don Angelo Cassano e la segretaria generale della camera di commercio di Bari Angela Patrizia Partipilo.

Tra i temi emersi c'è quello della difficoltà di restituire alla società civile le aziende confiscate: «Gestire un'azienda confiscata è una sfida - ha dichiarato la prefetta Bellomo - ma è una sfida che si vince stando insieme, che è quanto il progetto Ok Knowledge ha inteso fare partendo dalla costruzione 'collettivà di un sistema di idee, proposte e linee attuative per ridare nuova vita alle aziende confiscate». «Agire sui beni della mafia - ha commentato il procuratore della Repubblica di Trani, Renato Nitti - non significa solamente annientarne il valore. Bisogna fare in modo che quei beni tornino alla collettività e che questa possa usufruirne. A livello normativo manca ancora qualcosa, un ulteriore passaggio deve andare nella direzione in cui i beni vanno anche amministrati, non solo congelati».

Sul tema è intervenuto a che don Cassano di Libera: «Il riutilizzo sociale dei beni confiscati ha una caduta sul territorio importantissima. Far vivere legalmente un'azienda ha effetti importanti sul lavoro, che è un tema sul quale puntare per contrastare la criminalità». 

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Quotidiano Di Puglia