Tutto rinviato al 20 febbraio del 2015. E sulla possibile ricandidatura di Fabiano Amati in Consiglio regionale si aprono mille interrogativi. E' iniziato oggi il processo...
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La sospensione. Nell’arco di tempo tra l’iscrizione nel registro degli indagati dei due amministratori e la sentenza di primo grado, alcuni fattori hanno modificato però le conseguenze di tale condanna: l’approvazione della legge Severino (rubricata come “testo unico in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi”) e la sua entrata in vigore il 5 gennaio del 2013. Questa legge ha provocato la sospensione di Di Bari e Amati dai loro rispettivi ruoli.
In attesa del secondo grado di giudizio, Amati ha deciso ricorrere contro la sua sospensione attraverso il tribunale ordinario, affidandosi dunque ad un giudice civile e non ricorrendo al Tar. Ricorso respinto. A questo punto, e successivamente alla vicenda del sindaco partenopeo Luigi De Magistris condannato per la vicenda “Why Not”, sospeso e poi reintegrato (con decisione del Tar della Campania) al suo ruolo, non è mancata la polemica da parte del consigliere Amati, relativa alla disparità di trattamento.
La vicenda ha inizio nel 2009, durante la prima amministrazione guidata dal sindaco Di Bari, quando quest’ultimo affida all’allora consigliere comunale d’opposizione Amati, la delega per il recupero del centro storico. Il gesto non risparmia alcune polemiche da parte della maggioranza nei confronti del sindaco: lo stesso, però, precisa che si tratta di un atto di fiducia nei confronti di Amati, allora leader di una opposizione invitata dal primo cittadino a collaborare sui problemi della città.
Il gesto costa caro sia al sindaco che al consigliere, iscritti nel registro degli indagati per concorso in abuso d’ufficio; ad Amati viene contestato anche il reato di falsità ideologica negli atti. Secondo il pm, Di Bari non poteva affidare quella delega ad Amati che nel centro storico ha immobili di sua proprietà: anche alcuni tecnici comunali ed imprenditori vengono invitati a comparire come persone informate dei fatti, fra questi l’ex assessore Davide Maria Dioguardi, assolto (da tecnico paesaggista, aveva redatto dei pareri sul piano).
Lo scorso 13 febbraio il primo grado di giudizio: condanna ad un anno e 8 mesi di reclusione Amati e ad 8 mesi (per lo stesso reato di abuso d’ufficio) il sindaco Di Bari. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia