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Nelle zone agricole si potrà continuare a realizzare nuovi fabbricati se necessari alla conduzione del fondo e alla stessa attività imprenditoriale. Così come si potranno realizzare ristrutturazioni edilizie anche nelle aree vincolate dal Piano paesaggistico territoriale regionale (Pptr). La Corte Costituzionale ha rigettato quasi tutti i ricorsi del precedente governo Draghi contro la legge regionale 39 del 2021 in materia di edilizia, ma non è da confondere con il Piano casa di cui è solamente una costola.
Confermato l'impianto del testo che era stato impugnato
I giudici hanno solo in minima parte dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcuni passaggi della norma, confermando l'impianto del testo che era stato impugnato. Sott'accusa era finito, in particolare, l'articolo 3 che consentiva previa deliberazione del Consiglio comunale, gli interventi in aree individuate dal Piano paesaggistico territoriale regionale (Pptr), in aree cioè vincolate, alle condizioni che l'intervento sia conforme alle prescrizioni, indirizzi, misure di salvaguardia e direttive dello stesso Pptr e che siano acquisiti nulla osta, comunque denominati, delle amministrazioni competenti alla tutela paesaggistica.
L'impianto della legge
In sostanza, i giudici hanno confermato l'impianto: quindi, nel rispetto del Pptr, è possibile la realizzazione, in zona agricola, di nuovi fabbricati qualora gli stessi siano necessari alla conduzione del fondo e all'esercizio dell'attività agricola. Hanno inoltre ammesso la possibilità di realizzare gli interventi di ristrutturazione edilizia anche nelle aree vincolate dal Pptr, purché realizzate in conformità alle prescrizioni, indirizzi, misure di salvaguardia e direttive dello stesso Pptr. Ha invece dichiarato incostituzionale la formulazione dell'articolo 4 sull'ampliamento delle attività produttive, che in ogni caso il Consiglio regionale aveva già modificato. Le prescrizioni della legge 39 furono inserite una prima volta nella legge 35 del 2020, ma dopo l'impugnazione il Consiglio regionale decise di eliminarle. L'anno dopo, però, furono riproposte con la norma 39 approvata lo stesso giorno in cui fu dato il via libera alla proroga del Piano casa con la legge 38 del 2021 (quest'ultima ormai abrogata). Questa mossa del Consiglio regionale indispettì e non poco i tecnici ministeriali, in primo luogo perché la Regione Puglia nel 2015 aveva approvato il Pptr in regime di co-pianificazione con il ministero dei Beni culturali e con l'impegno ad intervenire congiuntamente, in futuro, sul Piano, escludendo quindi la possibilità di introdurre unilateralmente modifiche o integrazioni. E invece, dopo pochi anni, con la norma 35/2020, la Regione decise di agire da sola per consentire ai Comuni di derogare alle previsioni del piano paesaggistico. L'interlocuzione tra la Regione e il Governo portò alla sua cancellazione nel marzo del 2021. Ma dopo otto mesi la norma ricomparve sotto le sembianze della legge 39 del 2021.
A quel punto il governo Draghi decise di ricorrere alla Corte costituzionale, ieri l'esito: salvo piccoli dettagli, l'impianto è stato salvato dai giudici che hanno rigettato tutte, o quasi, le doglianze dell'Esecutivo. Nel dettaglio, il governo lamentava il fatto che la norma ampliasse la categoria degli interventi di ristrutturazione edilizia, attraendo gli interventi straordinari di demo-ricostruzione del Piano Casa in aree vincolate con modifica di sagoma, sedime, prospetti e aumenti di volumi - diversamente da quanto stabilito dal legislatore statale - nelle ristrutturazioni edilizie, così da non incorrere nel divieto di nuove costruzioni previsto dalle Nta del Pptr in dette aree.
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Quotidiano Di Puglia