Ministero della sovranità alimentare, primo sì dei produttori: «Più tutele»

Ministero della sovranità alimentare, primo sì dei produttori: «Più tutele»
Purché difenda le aziende italiane (e pugliesi) e i loro prodotti, va bene. Il ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, in fondo, sta bene ai...

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Purché difenda le aziende italiane (e pugliesi) e i loro prodotti, va bene. Il ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, in fondo, sta bene ai produttori pugliesi. Il polverone che si era alzato nelle prime ore dopo l’annuncio di Giorgia Meloni si è sgonfiato. La poltrona sarà di Francesco Lollobrigida, uomo di fiducia del premier (cognato del presidente del Consiglio, ha sposato la sorella). E nella partita della “sovranità alimentare” rientra a pieno titolo il Mezzogiorno, in particolare la Puglia. Perché se sovranità alimentare vuol dire «tutelare i nostri prodotti, anche dalle contraffazioni» (Lollobrigida ha spiegato così la propria missione) non si può non pensare alle eccellenze pugliesi nell’agroalimentare, dall’olio extravergine d’oliva al pane di Altamura (il primo dop in Italia), alla pasta e al vino. 


In un momento così particolare e complicato, sembra che per i produttori l’intitolazione del ministero sia l’ultimo problema. «Se sovranità popolare vuol dire stoppare i falsi marchi all’estero, difendere il made in Italy ed evitare le degenerazioni per i nostri prodotti fuori dai confini nazionali, allora ben venga», dice Vincenzo Divella, produttore di pasta, con l’azienda che porta il suo nome, una delle eccellenze italiane, non solo pugliesi. Una storia che dura da un secolo, non solo di economia e lavoro, ma anche di identità e simbiosi con l’intero territorio. Divella, imprenditore di grande esperienza e doti riconosciute, non dà indicazioni al governo su come tutelare le eccellenze italiane, ma «non penso sia difficilissimo farlo - dice -. A volte basterebbero alcuni strumenti di comunicazione, per sensibilizzare». 

Storie e identità

La storia della Pasta Divella parte da Bari, ma arriva in tutto il mondo. «Eppure - dice il patron, Vincenzo - noi siamo costretti a importare il 30% del grano duro e il 60% del grano tenero che utilizziamo. Davvero non è possibile incrementare la produzione di questi tipi di grano in Italia? Sì che sarebbe possibile, c’è abbondanza di terreni ma spesso la burocrazia rappresenta un problema». «Le eccellenze nella nostra regione - ricorda Divella - sono rappresentate da casi specifici della meccanica e del turismo oppure sempre da marchi alimentari. Ma per le piccole aziende, così, è difficile emergere. Sono pochi i casi come quello della Divella. E poi al prossimo governo chiederei, soprattutto, di intervenire sul caro bollette: così siamo anche svantaggiati rispetto ai nostri competitor esteri».
Tra covid e caro bollette, il sistema rischia la deflagrazione. In tutto questo una difesa prioristica del made in Italy, viene presa come una vittoria. Non facili entusiasmi, ma tiepido incoraggiamento: è questo per i produttori pugliesi dell’agro-alimentare il ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare. «Se servirà a rafforzare il made in Italy, sicuramente è un aspetto positivo», commenta Gianni Cantele, dell’omonima azienda vinicola (a Guagnano). Anche per lui il vino è questione di identità, di famiglia e di territorio: una terra, in questo caso, scelta. Nel 1950 i suoi nonni si trasferirono in Salento da Imola, proprio per produrre vino. «Dal nostro punto di vista - spiega - l’export è importante. E abbiamo l’obbligo di guardare anche a questo. Penso che il termine “sovranità alimentare” non significhi autarchia. Anzi, questo potrebbe diventare un fattore di spinta un po’ per tutto il nostro mondo». Il settore vinicolo, poi, è particolarmente sensibile sul tema, perché «per noi - continua Cantele - il rischio di una riproduzione falsa è anche piuttosto elevato. L’idea che deve funzionare è quella di tutelare i marchi territoriali che fanno delle nostre produzioni qualcosa di unico in tutto il mondo». 

Fare fronte comune

Tutelare, tutelarsi, fare fronte comune, cogliere l’occasione per rilanciare il settore. «Il nome lascia perplessi - ammette Grazia Barba, produttrice di olio con il fratello Francesco, a Monteroni -, ma immaginiamo che abbia un’accezione a fare delle imprese agricole. Penso che anche l’attuale governo abbia la necessità di salvaguardare le esigenze del libero mercato. Ho letto di tutto ma non credo che questo sia un volto del sovranismo. Anzi, penso che questo possa essere un principio per cui le aziende agricole possano ritrovare un giusto reddito, per il lavoro che fanno. E magari se ci sarà una spinta potrebbero affacciarsi al settore diversi ragazzi, anche per dare un ricambio generazionale. Al momento noi non giochiamo ad armi pari con i produttori di altri paesi. Mi auguro che questa sia un’occasione per riequilibrare la partita». 


Lo stesso ministero è attualmente esistente in Francia. E Lollobrigida ha ammesso: «I francesi fanno alcune cose peggio di noi e alcune meglio, tra queste sicuramente la difesa dei propri prodotti». L’Ecuador e il Venezuela hanno inserito il concetto all’interno delle proprie Costituzioni. E lo stesso ministro assicura che il modello non è sovranista in senso politico («non nasce a destra...»). L’appello dei produttori, al di là del nome e del concetto in sé di sovranismo (che qui, pare importi a ben pochi), è alla difesa del made in Italy, come una storia da tramandare, custodire gelosamente e proteggere. L’equilibrio è sottile, la partita è aperta e la Puglia si gioca una fetta di futuro.

 

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Quotidiano Di Puglia