OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Giorgia Meloni contro Luciano Canfora. Le ragioni dell'una e dell'altro si misureranno in un'aula di giustizia il prossimo 16 aprile a Bari. La Procura del capoluogo pugliese, infatti, ha chiesto il processo per lo storico 81enne, professore emerito di filologia greca e latina che, prima che Meloni diventasse presidente del Consiglio, nel corso di un incontro sul conflitto russo-ucraino organizzato nel 2022 dal liceo scientifico statale Fermi di Bari, di lei aveva detto: «La leader di Fratelli d’Italia, poveretta, trattata di solito come una mentecatta pericolosissima, essendo neonazista nell’animo si è subito schierata con i neonazisti ucraini».
La querela
L'attuale premier aveva così deciso di querelare l'intellettuale pugliese per diffamazione, proposito dal quale non ha receduto nemmeno dopo le spiegazioni fornite da Canfora, che aveva contestualizzato quelle parole spiegando che «dire neonazista non significa dire nazista.
La sfida fra avvocati
La presidente, dunque, ha dato mandato al suo avvocato, Andrea Delmastro – nel frattempo diventato sottosegretario alla Giustizia e a sua volta imputato a Roma per rivelazione del segreto nel caso Cospito – di portare in tribunale Canfora, che sarà rappresentato e difeso dal penalista Michele Laforgia, impegnato in queste settimane nella corsa per diventare candidato sindaco di Bari. Canfora è accusato di «aver offeso la reputazione di Giorgia Meloni», è scritto nel capo di imputazione firmato dal pm Giuseppe Dentamaro.
Un processo, dunque, che desterà grande attenzione per i profili e i ruoli ricoperti dalle persone coinvolte, ma che non è il primo con protagonisti Meloni e Delmastro. Pochi mesi fa, infatti, si è concluso il processo - sempre per diffamazione - contro Roberto Saviano e cominciato nel 2020 con la querela dell’attuale premier nei confronti dello scrittore. Saviano, ospite della trasmissione Piazzapulita su La7, dopo il video di una migrante disperata per aver perso in mare il figlio di sei mesi, definì «bastardi» chi si opponeva ai salvataggi in mare. In particolare la allora parlamentare di Fratelli d’Italia e Matteo Salvini. In quel caso la Procura di Roma chiese la condanna con una sanzione di 10mila euro, alla quale si erano aggiunti i 75mila di risarcimento danni (con una provvisionale di 50mila) chiesti dall’avvocato di parte civile.
Nessuna di queste richieste, tuttavia, fu accolta dal giudice che condannò sì Saviano, chiedendo il pagamento simbolico di 1.000 euro, ma che riconobbe le attenuanti generiche sottolineando « l’ alto valore morale delle critiche mosse» dallo scrittore ai politici coinvolti. Si vedrà, stavolta, come andrà a finire. In aula il 16 aprile, l’inizio del dibattimento. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia