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Acciaierie d’Italia, con l’ad Lucia Morselli, non fa passi indietro sull’indotto. Ma anche il Governo resta molto critico verso l’azienda. Ieri il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che per domani ha convocato a Roma separatamente i sindacati e il governatore pugliese Michele Emiliano (pure Confindustria ha chiesto di essere convocata), ha detto che «il Governo non può essere sotto scacco. Non siamo ricattabili da parte di alcuno». Per Urso, «è chiaro che l’azienda debba tornare sui propri passi».
Che l’esecutivo non sia ricattabile, avverte il ministro, «vale per chiunque si confronti con l’Italia. Mi aspetto - ha aggiunto - decisioni a breve dell’azienda che possano riportare nei giusti binari il confronto tra azienda, azionista pubblico e certamente il Governo». Secondo Urso, la questione dell’Ilva «è sicuramente strategica per l’industria italiana e per la siderurgia del Paese e va ricondotta nei giusti binari. Mi aspetto ad ore che l’azienda ci dia un segnale costruttivo rispetto a quello che ha fatto, senza nessun preavviso, nei confronti dell’indotto e dei loro lavoratori». «Una decisione sorprendente» l’ha bollata Urso. «Avevo avuto un confronto personale nei giorni precedenti con l’azienda, il presidente, l’ad e con il socio pubblico e nessuno mi aveva detto che c’era una decisione di questo tipo».
Nessuna schiarita
Per la verità, già l’altro ieri il ministro aveva detto di attendere segnali dall’azienda, a partire dal cda che si è tenuto ieri.
Perché dopo i 400 milioni versati ad aprile 2021 per entrare, al 38 per cento, nel capitale di Acciaierie d’Italia e dopo una garanzia di 200 milioni sulla fornitura del gas, dallo Stato, con Invitalia, null’altro è giunto. E per il privato l’accordo di dicembre 2020 prevedeva che lo Stato, oltre ai 400 milioni per l’ingresso nel capitale, trovasse anche misure speciali per 900 milioni, finanziamenti garantiti da Sace e a controgarantire fideiussioni per 100 milioni già emesse dallo stesso privato. A sua volta, il pubblico osserva che non può essere solo lo Stato ad aprire la borsa se il privato è di fatto disimpegnato. Il prefetto di Taranto, Demetrio Martino, ha intanto scritto ai vertici di Acciaierie d’Italia e ai consiglieri di amministrazione segnalando che i sindacati, che ha ricevuto, hanno chiesto «l’immediato ritiro del provvedimento di sospensione». Il prefetto chiede di sapere cosa «a strettissimo giro» intende fare l’ex Ilva «per risolvere o quantomeno attenuare le criticità».
Le parole dell'arcivescovo
È intervenuto anche l’arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, rivolgendo «un accorato appello al Governo perché intervenga con ogni mezzo per mettere al riparo le famiglie dei lavoratori. La vita è vilipesa. È vilipesa la dignità delle persone, in particolare dei lavoratori». Infine, sull’integrazione economica della cassa integrazione straordinaria per i 1.600 addetti di Ilva in amministrazione straordinaria, che è da rifinanziare per il 2023, “la problematica del rinnovo è attualmente in fase di studio, che contiamo di esaurire in brevissimo tempo confrontandoci con gli altri ministeri competenti e con i commissari straordinari della procedura”. Così Federico Eichberg, capo di gabinetto del ministero delle Imprese e del Made in Italy comunica a Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm nazionali e di Taranto e ai commissari di Ilva in as, società proprietaria degli impianti. Il capo di gabinetto scrive che “si comprende il disagio sociale subito dalle famiglie dei lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria che sono in cassa integrazione e le preoccupazioni per l’incertezza dovuta agli sviluppi della vertenza”.
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