Primarie Pd e finanziamento illecito, assolto il governatore Michele Emiliano. Quattro mesi a Stefanazzi

L'accusa aveva chiesto un anno di reclusione e 90mila euro di multa

Processo sulle primarie Pd, oggi la sentenza a Torino
Il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano è stato assolto dal Tribunale di Torino dall'accusa di finanziamento illecito. La sentenza è stata...

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Il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano è stato assolto dal Tribunale di Torino dall'accusa di finanziamento illecito. La sentenza è stata pronunciata oggi pomeriggio. La pubblica accusa aveva chiesto la condanna a un anno di reclusione e a 90mila di multa.

Ci sarà però un supplemento di indagine, a Torino, per la vicenda del presunto finanziamento illecito. È quanto si ricava dal dispositivo letto in aula dalla giudice Alessandra Salvadori. Il magistrato ha disposto fin da ora la trasmissione alla procura subalpina delle motivazioni della sentenza perché si valuti la posizione di «ulteriori concorrenti» (non specificati). Le motivazioni saranno depositate tra 90 giorni ma, nel dispositivo, la giudice ha scritto di «profili di responsabilità penale emersi a carico di ulteriori concorrenti». 

Il presidente Michele Emiliano

«Sapevo sin dall'inizio di queste indagini durate 5 anni di essere completamente innocente. Il fatto che finalmente oggi lo abbia accertato il giudice mi dà una grande gioia, non tanto per me, ma per tutte le persone che mi vogliono bene e soprattutto per la Puglia che rappresento». 

Gli altri

Il pm Giovanni Caspani aveva proposto la stessa pena di un anno e 90mila euro per il suo ex capo di gabinetto, Claudio Stefanazzi (ora parlamentare Pd), che è stato invece condannato a 4 mesi per uno solo degli episodi contestati. Otto mesi per l'imprenditore Vito Ladisa, mentre è stato assolto l'altro imprenditore coinvolto nel processo, Giacomo Mescia

Le reazioni: Stefanazzi rinuncia alla prescrizione

“Apprendo con costernazione e sorpresa - ha commentato a caldo Claudio Stefanazzi - della decisione del Tribunale di Torino. Come ho sempre fatto in questi anni non commento questa decisione per il rispetto che nutro nei confronti della Magistratura. Peraltro le recenti archiviazioni delle innumerevoli inchieste cui sono stato sottoposto in 6 lunghi anni, confermano la mia posizione. Sono proprio il rispetto e la fiducia nei confronti della Magistratura che mi portano oggi a rinunciare alla prescrizione, che averrebbe tra circa un anno, al fine di far prevalere la mia assoluta estraneità ai fatti contestati fino alla Suprema Corte di Cassazione, estraneità ampiamente provata documentalmente”.

«Voglio esprimere la mia felicità per l'assoluzione piena di Michele Emiliano nel processo di Torino per non aver commesso il fatto. Abbiamo sempre creduto nella sua estraneità alle accuse rivolte con il massimo rispetto verso l'operato della magistratura». Lo dichiara Domenico De Santis, segretario del Pd pugliese. «Il suo atteggiamento di silenziosa attesa in questi anni - aggiunge - è esemplare e chiude definitivamente le accuse a suo carico. La vicenda si conclude, dunque, con un'assoluzione; circostanza che è di buon auspicio anche per le altre persone coinvolte, perché confidiamo che nei successivi gradi di giudizio sapranno dimostrare la loro buona fede ed estraneità».

 

La vicenda

La vicenda ruota attorno a due fatture dell’importo complessivo di 65mila euro pagate dai due imprenditori a processo (Ladisa e Mescia) in favore della società di comunicazione torinese Eggers di Pietro Dotti, che si occupò della campagna elettorale. Secondo gli inquirenti, Ladisa e Mescia fecero quei versamenti al posto di 
Emiliano. Le accuse iniziali sostenute dalla Procura di Bari sono state “ridimensionate” dagli inquirenti piemontesi nell’avviso di conclusione delle indagini: l’inchiesta pugliese, infatti, ipotizzava anche i reati di abuso di ufficio e induzione indebita, poi cadute. Il fascicolo era stato trasmesso a Torino perché è nel capoluogo piemontese che risiede l’imprenditore Dotti, quindi il presunto reato si sarebbe consumato lì. Nel capo di imputazione contenuto nell’avviso di conclusione delle indagini veniva contestato il concorso nella violazione delle norme sul finanziamento pubblico ai partiti perché Mescia e Ladisa, su interessamento di Stefanazzi, si sarebbero fatti carico di pagare 65mila euro vantati da Dotti nei confronti di Emiliano per la campagna di comunicazione. Un contributo «non deliberato dall’organo sociale competente» delle società, era scritto, e non iscritto in bilancio. Secondo l’accusa, infatti, quando l’imprenditore Dotti cominciò a sollecitare il pagamento dei 65mila euro per il lavoro svolto, arrivando persino a chiedere un decreto ingiuntivo, Emiliano discusse la situazione con i suoi collaboratori e ordinò di pagare immediatamente.

L'avvocato Sassanelli

L’avvocato Gaetano Sassanelli, difensore di Emiliano, ha chiesto «l’assoluzione perché il fatto non sussiste o perché Michele Emiliano non lo ha commesso». «Il processo – ha detto - che si sta celebrando è nato da un esposto anonimo fatto che dovrebbe mettere in guardia sulla strumentalità della vicenda«». «Emiliano a mio avviso - ha proseguito - si trova senza aver fatto nulla a rispondere di una colpa d’autore, non per la sua condotta, dunque, ma per il suo ruolo e se si deve rispondere per quello che si è o per quello che si è commesso bisogna prendere atto che non c’è alcun rilievo penale perché Emiliano non poteva nè doveva occuparsi delle questioni che gli vengono contestate». 

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Quotidiano Di Puglia