L'onda lunga s'è propagata fino a travolgere la scena nazionale, e in fondo c'era d'aspettarselo. Lo strappo dei renziani in Puglia diventa caso nazionale,...
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Intanto la neo alleanza liberaldemocratica si interroga sul nome da schierare in Puglia. «Sarà annunciato a febbraio», ha scandito l'altroieri Renzi dopo aver rimarcato la distanza ideologica nel merito dei dossier da Emiliano. Italia viva - escludendo la ministra Teresa Bellanova, che non sarà della partita - non ha personale politico pugliese all'altezza della sfida. Il campo si restringe allora a tre opzioni: cooptare Dario Stefàno, vicepresidente dei senatori Pd, in ottimi rapporti con Renzi e da tempo severo critico di Emiliano; corteggiare Gianrico Carofiglio, ex magistrato, ex senatore Pd e scrittore di successo, anch'egli strenuo critico dell'emilianesimo (ma con posizionamento più a sinistra dei renziani); oppure pescare un jolly dalla società civile. È proprio questa terza la strada più praticabile, al momento. «Di sicuro - è il ragionamento che circola nel campo renziano - dobbiamo capire cosa vogliono fare quanti, come Stefàno o Fabiano Amati, vivono male l'alleanza con Emiliano. E poi ci sono pezzi di società pugliese che non voteranno mai per quel centrosinistra, ma che non vogliono nemmeno consegnarsi a Salvini». Fari puntati, per sensibilità programmatica e per pescosità del bacino, al mondo delle imprese e dell'agricoltura. Anche ieri Renzi è tornato sul tema: «Con Emiliano è coerenza dire: andiamo per strade diverse. Con Azione c'è una convergenza su un terzo candidato», ma «trovo prematuro ragionare su quello che accadrà in altre regioni» - visto che il 26 si vota in Emilia Romagna e Calabria. Insomma: una parziale frenata quanto alla tempistica della scelta.
Il Pd però passa al contrattacco: «L'atteggiamento di Italia Viva rischia di essere un regalo alla destra di Salvini e al sovranismo. Anche solo un voto sottratto alla sfida democratica per contrastare l'avanzata della Lega e della destra nel Sud è un clamoroso errore», commenta Nicola Oddati della segreteria nazionale Pd, che «invita gli amici di Iv a ripensarci». Dello stesso tenore le dichiarazioni di Maurizio Martina, deputato Pd ed ex ministro: «Nei sistemi elettorali maggioritari a turno unico, presentare candidati che dividono il tuo campo significa solo aiutare le destre che invece si sono unite. È la vecchia logica del vicino-nemico che ci ha già fatto pagare prezzi molto alti». A Martina replica Calenda: «Non è che voi ricandidate il peggior governatore d'Italia senza alcun confronto e poi ci chiedete di stare zitti e buoni. Ne parliamo dopo le elezioni in Emilia Romagna. Fino a quel momento pancia a terra e zero polemiche». Il profilo Twitter di Calenda, ieri, è stato particolarmente fecondo quando a cinguettii su Emiliano: «Ha definito i governi del Pd al soldo delle lobby» e «ha presentato ricorsi (regolarmente persi) su ogni atto dei nostri governi». Calenda scrive poi che le «primarie in Puglia sono militarizzate dalle clientele e dal Pd locale sottomesso a Emiliano» che «non c'entra nulla con il centrosinistra, tanto che è stato appoggiato ed ha appoggiato sindaci apertamente fascisti».
In Puglia il centrosinistra prova a far quadrato. Commenta Michele Mazzarano, consigliere regionale Pd: «La gravità politica delle intenzioni manifestate da Renzi e prontamente condivise da Calenda rischiano di farci avvitare in una spirale di polemiche e veleni senza via d'uscita. Le primarie celebrate domenica sono un sigillo inscalfibile che deve spingere il centrosinistra ed Emiliano ad andare avanti. Sarebbe auspicabile ora che i candidati che hanno sfidato Emiliano alle primarie facessero sentire la loro voce per difendere il percorso fin qui svolto». Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia