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La scissione M5S è praticamente un dato di fatto. Ieri 32 deputati (su 189) non hanno seguito le indicazioni del gruppo: 16 hanno votato contro, 4 si sono astenuti e 12 non hanno partecipato al voto. Fra i ribelli, molti dei quali nelle dichiarazioni di dissenso pronunciate in aula hanno pronunciato la formula «un’alternativa c’è» accennando a complotti, non ci sono big. Ma i deputati “dissidenti” si uniscono ai 15 senatori che ieri hanno votato “no” al governo Draghi e che il reggente Crimi ha detto di voler espellere e a un’altra decina di parlamentari espulsi nei mesi scorsi dal M5S per i quali continua ad essere prevalente su ogni altro dato politico la battaglia contro le élite e contro l’Europa dell’austerità identificata con Draghi che quell’Europa l’ha combattuta nei fatti.
Draghi, fiducia con 535 sì e 56 no. Il premier: «Combatteremo le mafie e la corruzione»
Forse neanche Matteo Renzi aveva pensato di raggiungere così facilmente il risultato di spacchettare il movimento populista in così poco tempo. E invece nei 5Stelle è iniziata una sorta di guerra civile e la battaglia sul simbolo e il rapporto tra Beppe Grillo e Davide Casaleggio mette in discussione l’esistenza stessa del M5S così come finora l’abbiamo conosciuto. Il «no» dei 15 senatori ortodossi a Mario Draghi apre una ferita che difficilmente si rimarginerà. Una manciata di ore dopo, alla Camera, i «contras» viaggiano più o meno sulla stessa linea. I gruppi autonomi, per i dissidenti espulsi, sono a un passo. E, al Senato, gli ultimi rumors dicono che i dissidenti avrebbero chiesto al segretario Ignazio Messina l’uso del simbolo dell’Italia dei Valori.
Nel pomeriggio i vertici tentano una controffensiva.
M5S, saranno espulsi i 15 senatori che hanno votato "no" al governo Draghi
Un sì che, nella strategia di Grillo, potrebbe innescare una rifondazione della sua creatura.
In mattinata, invece, governisti ed espulsi si combattono a suon di dichiarazioni e post sui social. Alla notizia dell’espulsione - che potrebbe riguardare anche tre assenti al Senato, tra cui Emanuele Dessì - Barbara Lezzi risponde per le rime: «Mi candido a far parte del comitato direttivo del M5S (da cui non sono espulsa)».
Ma è una provocazione: lo Statuto del MoVimento, all’art.11, recita che chi è espulso dai gruppi parlamentari lo è anche dal M5S, e viceversa. C’è un dato tuttavia: il procedimento di espulsione ha tempi tecnici lunghi. Anche perché ieri i probiviri sarebbero orientati a sospendere le espulsioni in vista della nuova governance del MoVimento. L’altro «big» del Senato cacciato dai vertici, Nicola Morra, staziona in mattinata a lungo alla Camera. Parla con Lorenzo Fioramonti, ex ministro M5S che da mesi pensa a un gruppo autonomo con altri fuoriusciti. I numeri, per un nuovo gruppo a Montecitorio, ci sarebbero, così come al Senato. Anche se Morra per ora si sfila: «Non mi interessa, non voglio andare via».
Sono ore di scosse telluriche per il M5S e Luigi Di Maio aspetta che ci sia un primo assestamento. Poi potrebbe fare la sua mossa, come gli viene chiesto da diversi deputati. Ma la tensione, per ora, è troppo alta e investe anche due esponenti moderati del calibro di Alfonso Bonafede e Federico D’Incà che, a lungo, in Aula si attardano in una discussione dai toni piuttosto alti.
E poi c’è il nodo Rousseau. L’affondo di ieri contro Crimi - «lo Statuto è cambiato, non è più capo politico» - ha acuito l’irritazione dei parlamentari. «Si tenga gli iscritti, facciamola finita. Lì c’è solo una gara per i click degli attivisti», è la linea, tranchant, di un esponente della vecchia guardia. Luca di Giuseppe, facilitatore campano M5s vicino a Casaleggio, lancia una “call to action” per sostenere con la funzione «Mi fido» gli espulsi. E in serata riemerge Alessandro Di Battista.
La guida dei «descamisados» annuncia un collegamento Live per sabato che pare una discesa in campo: «Ci sono cose da dire. Scelte politiche da difendere. Domande a cui rispondere ed una sana e robusta opposizione da costruire», sottolinea. E sullo sfondo, appare la guerra sul simbolo. Che è di Grillo e della sua Associazione del 2012, ma è stato ceduto in comodato all’Associazione M5s del 2017, in cui risultano fondatori Luigi Di Maio e Casaleggio. E il caos potrebbe frenare anche Giuseppe Conte.
Quotidiano Di Puglia