A tutti è ormai nota la pervasività dei social media e la loro capacità di traslare i comportamenti e le relazioni dal mondo reale a quello virtuale. Si sa...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Insomma, siamo tutti consapevoli di come questi strumenti web abbiano cambiato le abitudini comportamentali degli individui e, quindi, anche delle aziende. Ciò che, invece, molti di noi non ancora immaginano è che la reputazione on line delle aziende possa essere oggetto di analisi delle imprese bancarie le quali potranno rivedere la valutazione attribuita con i tradizionali criteri di rating. Sì, sembra proprio che anche questo possa essere un effetto dei social media.
Le banche potranno, infatti, giudicare la solvibilità dei clienti anche sulla base delle loro performance registrate sui social media e sulle informazioni presenti sul web. È noto, come il merito creditizio rappresenti la “reputazione” di un’impresa nei confronti del sistema bancario; non dovrebbe, dunque, destare particolare stupore che le banche, nel valutare la solvibilità dei propri clienti, possano considerare anche le tracce che essi lasciano sul web ed i giudizi che la clientela dà sull’impresa da valutare.
Per essere più espliciti: se un albergo chiede un affidamento ad una banca, non dovrebbe meravigliare se quest’ultima, nel definire il rating dell’impresa, oltre ad analizzare i tradizionali elementi (dati societari, bilanci, informazioni sugli amministratori, andamenti del settore economico) possa prendere in considerazione il rating che l’albergo ha sui tradizionali portali di prenotazione alberghiera (cosiddetti Ota – On line Travel Agent -), quindi i giudizi lasciati dai clienti, il numero di camere disponibili, la capacità di risposta al cliente, ecc. Può anche essere naturale che il direttore della filiale (che in passato considerava la reputazione del cliente sulla base delle notizie/informazioni di “piazza” termine che potrebbe essere inteso nella sua letterale accezione nei nostri piccoli comuni) vada a sbirciare sul sito web dell’albergo, sulla sua pagina Facebook, Instagram ecc.
Insomma, nella valutazione qualitativa della clientela la banca può considerare le informazioni presenti sul web, queste ultime frutto di voluti comportamenti aziendali nonché di notizie inserite da soggetti estranei all’impresa. Le domande che discendono da tale - forse banale - riflessione sono molteplici: sono pronte le nostre piccole e medie imprese ad affrontare quest’ulteriore elemento di valutazione? Quali metodologie possono essere impiegate dalle banche per rendere meno soggettiva la valutazione? Come possono ridursi gli errori derivanti dall’inquinamento di tracce non veritiere presenti sul web?
Insomma, vi possono essere tanti interrogativi che derivano da una certezza, ovvero: il web ci ha cambiato e cambierà ancora i nostri comportamenti. Non possiamo, pertanto, ignorare che la presenza sul web è diventata un’esigenza imprescindibile (anche se non vogliamo, sul web si parla di noi) e che tale presenza deve essere opportunamente gestita. Se poi, da tale presenza derivano anche effetti gestionali e, quindi, risultati economici - le cui ricadute si riverberano non solo sulla proprietà dell’impresa ma anche sui suoi stakeholder - allora comprendiamo agevolmente come sia indispensabile che la web communication ed il social media marketing vengano affrontati non con superficialità ma con professionalità capaci.
Se, infatti, tali processi diventano strutturali all’interno delle imprese, allora emerge con vigore l’enorme potenzialità che la comunicazione web ha sul miglioramento delle performance reddituali. Si può così trasformare il rischio di essere valutati negativamente in opportunità di comunicare con correttezza, rendendo più efficienti i propri comportamenti e risultati.
Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia