Il piano nazionale di ripresa e la caduta verticale delle nascite: l'iniezione di speranza e fiducia deve cominciare dai giovani

Il piano nazionale di ripresa e la caduta verticale delle nascite: l'iniezione di speranza e fiducia deve cominciare dai giovani
Sono trascorse poche settimane dall’invio a Bruxelles del Pnrr e già sono arrivate le prime “sentenze” sulla distribuzione delle risorse e non sono...

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Sono trascorse poche settimane dall’invio a Bruxelles del Pnrr e già sono arrivate le prime “sentenze” sulla distribuzione delle risorse e non sono mancati alcuni segnali di insoddisfazione. Ci sono coloro che sostengono l’insufficienza di fondi per la natalità, a fronte di una caduta verticale delle nascite con tutte le infauste conseguenze per il Paese, dalla mancanza di energie giovani - e sicuramente più vitali - all’inevitabile processo di invecchiamento che porta lentamente all’estinzione (come ha di recente sottolineato il presidente Draghi). Vengono richiesti perciò maggiori investimenti non solo per la costruzione di asili nido e per l’introduzione dell’assegno unico (già previsti), ma anche per altri tipi di sostegni più a lungo termine (servizi per l’intero periodo dell’infanzia e dell’adolescenza, ad esempio). 

Le cure più efficaci


Ma sono queste le “cure” più efficaci per invertire la rotta e recuperare un tasso di riproduttività adeguato? Il dubbio appare legittimo in quanto Paesi “economicamente” molto più attenti al tema delle nascite hanno situazioni non lontane dalla nostra (tutta l’Europa ha tassi di fecondità inferiori a quello necessario per rispettare il ricambio generazionale pari a 2, con la media Ue pari a 1,53 - Italia 1,27 - Germania 1,54 - Finlandia 1,35 - Francia 1,86 - fonte Eurostat). Si tratta di condizioni migliori ma, comunque, sempre in lento decadimento


Poi ci sono coloro che lamentano una scarsa attenzione alla famiglia e al mondo del lavoro, ma su questi aspetti non sembrano essere assenti nel Piano le relative e ben destinate risorse: per la famiglia occorre rammentare che essa è cambiata significativamente rispetto al passato, dato che ben oltre il 60% è formato da non più di due persone, in prevalenza di età elevata e, infatti, sono previsti fondi per il miglioramento del sistema di protezione sociale, con particolare riferimento alle persone anziane e ai disabili; per il tema lavoro – sottolineando che in una graduatoria europea siamo in forte ritardo in termini di occupazione giovanile e femminile - saranno rafforzate le politiche attive e potenziati i Centri per l’impiego (con l’obiettivo di rendere più agevole l’incontro tra domanda e offerta di lavoro), tenendo sempre viva la considerazione sul sistema delle imprese e sulle differenti esigenze dei territori; saranno altresì introdotte misure volte alla crescita professionale delle donne. 

Il salto di qualità


Dunque, non mancano i presupposti per compiere quel salto di qualità che, unito alle propedeutiche riforme necessarie da realizzare in tempi relativamente brevi (specialmente quella fiscale e della giustizia), dovrebbero collocarci nel solco di una crescita strutturale e avvicinarci sempre più agli standard europei. Quello che, invece, “scarseggia” nel Paese è una convinta fiducia nel futuro che da un lato sembra giustificare le pressanti richieste di maggiori risorse e dall’altro determina nelle persone un continuo rinvio di investimenti e di consumi (che rappresentano la quasi totalità del Pil, cioè della crescita), oltre alla difficoltà per le giovani coppie di avere figli. Una conferma indiretta può essere individuata nel maggior risparmio accumulato dalle famiglie che potrebbe aiutare il Paese a riprendersi: una cifra pari a circa il 70% del debito pubblico attuale (è di questi giorni la notizia Bankitalia che si sta avvicinando pericolosamente a 2700 miliardi) si trova “congelato” sui depositi bancari delle famiglie; ebbene, recuperare quel senso di fiducia nell’avvenire potrebbe persuadere le famiglie ad utilizzare parte dei propri risparmi (poco più del 10% eguaglierebbe l’ammontare del Pnrr), purché su base volontaria e senza “forzature” di vario genere. 


Insomma, alla luce di tali potenzialità, il Paese sembra possedere le “chiavi” per resistere all’urto della crisi e per aprire le porte alla crescita; tutto questo, però, non appare sufficiente per uscire del tutto dall’emergenza e “conquistare” livelli adeguati di stabilità e sostenibilità. Appare certo, infatti, che agli “impegni” di natura economica ne andrebbero affiancati altri magari meno tangibili, ma non meno importanti, come la certezza per un futuro più affidabile e più sereno, altrimenti permarrà tra i cittadini insicurezza, indecisione e finanche rassegnazione. 
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Quotidiano Di Puglia