Interrogato ripetutamente dai giornalisti sull’aereo che lo riportava in Italia dal Messico sulla questione delle unioni omosessuali e sulla legge Cirinnà, Papa...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Nel metodo, Francesco ha affermato che «il Papa non si immischia nella politica italiana. Nella prima riunione che ho avuto con i Vescovi (italiani), nel maggio 2013, una delle tre cose che ho detto: “Con il governo italiano, arrangiatevi voi”. Perché il Papa è per tutti, e non può mettersi nella politica concreta, interna di un Paese: questo non è il ruolo del Papa». Né, ha aggiunto, i vescovi possono a loro volta sostituirsi ai laici e ai parlamentari. «Un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata», «e dico “ben formata”, perché non è la coscienza del “quello che mi pare”». Francesco ha fatto l’esempio del parlamentare cattolico argentino che diede il voto decisivo per far passare la legge sul matrimonio e le adozioni omosessuali preferendo seguire il suo partito piuttosto che «Bergoglio», che allora era arcivescovo di Buenos Aires, cioè la Chiesa, commentando che ecco, «questa non è coscienza ben formata!».
È facile prevedere che, in giornate di dibattito incandescente sulla legge Cirinnà, molti cercheranno di tirare il Papa per la giacchetta. Cerchiamo dunque di capire meglio il metodo e il merito. Quanto alla dottrina, il riferimento al Catechismo sarebbe sufficiente. Francesco insiste, e non è la prima volta, che su questi punti la sua posizione corrisponde a «quello che la Chiesa ha sempre detto», senza novità o rivoluzioni. Soltanto pochi giorni fa, il 12 febbraio, nella dichiarazione congiunta con il patriarca di Mosca Kirill, Francesco ha proposto al mondo un solenne documento dove si legge che «ortodossi e cattolici condividono la stessa concezione della famiglia e sono chiamati a testimoniare che essa è un cammino di santità, che testimonia la fedeltà degli sposi nelle loro relazioni reciproche». «Ci rammarichiamo – prosegue il testo – che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio viene estromesso dalla coscienza pubblica». E nel Chiapas il Papa ha nuovamente tuonato, come aveva fatto anche nella visita a Napoli, contro le «colonizzazioni ideologiche» del gender e le «ideologie distruttrici della famiglia».
Vi è qualcosa di diverso rispetto ai predecessori, a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI? Nel merito, no. Ma vi sono differenze di metodo. Francesco fin dai suoi primi interventi ha mostrato di dare grande importanza al metodo «sinodale» e a un’applicazione parzialmente nuova del principio di sussidiarietà. Non spetta al Papa intervenire sulle leggi nazionali, ma ai vescovi. Parafrasando quanto Francesco ha detto per i laici, potremmo dire che i vescovi non hanno più un Papa-pilota. Devono imparare a pilotarsi da soli.
Il Papa enuncia i principi, peraltro con grande chiarezza come si è visto anche nell’intervista in aereo a proposito dell’idea di fare abortire le donne incinte colpite dal virus Zika. «L’aborto, ha detto, non è un “male minore”. È un crimine. È fare fuori uno per salvare un altro. È quello che fa la mafia. È un crimine, è un male assoluto». Con uguale durezza ha condannato le proposte di Trump sulle deportazioni e i muri contro gli immigrati. È stato severissimo, perfino sprezzante con Trump sul piano delle idee. Ma ha precisato di non voler dare indicazioni elettorali.
Spetta ai vescovi tradurre sul piano delle leggi nazionali e dell’interazione con i governi le indicazioni di principio del Papa. Ma il principio di sussidiarietà vale anche per i vescovi, che devono lasciare ai laici le loro responsabilità. Privati del Papa-pilota, i presuli devono a loro volta rinunciare al ruolo di «vescovi-pilota», un’espressione coniata appunto da Papa Francesco. Si tratta di un modello, almeno in parte e nella pratica, nuovo, anche se le indicazioni sulla sinodalità della Chiesa risalgono almeno a Paolo VI e quelle sull’autonomia dei laici al Vaticano II. Un certo clericalismo è duro a morire. Ma, proprio in tema di legge Cirinnà, le manifestazioni oceaniche del 20 giugno 2015 e 30 gennaio 2016 hanno mostrato che Francesco è più avanti di altri nel capire le dinamiche dei movimenti sociali contemporanei, che si autoconvocano senza bisogno di piloti. Il popolo del 20 giugno e del 30 gennaio non è stato convocato da vescovi-pilota e neppure da politici-pilota. Si è convocato da solo, e ha riempito le piazze. Un fatto nuovo, con cui tutti dovranno fare i conti. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia