Cosa bolle nella pentola della nuova legge elettorale

Cosa bolle nella pentola della nuova legge elettorale
Più stringe il tempo della nuova legge elettorale, più diventa evidente quanto distino le strategie dei diversi partiti. E quanto siano intricati i giochi delle...

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Più stringe il tempo della nuova legge elettorale, più diventa evidente quanto distino le strategie dei diversi partiti. E quanto siano intricati i giochi delle possibili alleanze future, rispetto ai veti incrociati attuali. Il caso emblematico è il rapporto tra Renzi e Berlusconi. Destinati – secondo molti osservatori – a sedersi, dopo le elezioni – allo stesso tavolo, per vedere se ci saranno i numeri di una «piccola coalizione» da opporre al populismo montante dei grillini. E a quello non meno preoccupante di Salvini. È il quadro tratteggiato – e sponsorizzato – dal Foglio, in due lunghe interviste ai due leader riprese, ieri, da Michele Salvati sul Corriere della Sera. In un pezzo che – non a caso – alterna lampi di ottimismo e un sottotesto di lucida rassegnazione. Infatti, al di là delle difficoltà che ci sarebbero a far convivere in modo non accidentale due partner – e relativi partiti – che, in passato, si sono tanto odiati, l’ostacolo principale risiede nel passo immediato da fare. Una legge elettorale che possa – o almeno provi – a conciliare gli interessi di entrambi. L’opposto di quello che, finora, si ritrova nelle rispettive proposte.


Berlusconi, che è stato in passato – quando era forte e governava - l’alfiere del maggioritario più oltranzista, oggi si professa un indefesso difensore del proporzionale. La ragione è fin troppo banale: non vuole allearsi con la Lega. Un patto cui sarebbe costretto se dovessero tornare in vita i tanto – da lui – vituperati collegi uninominali. Quello cui punta il Cavaliere è cercare di raggranellare quanti più voti di centrodestra possibile in una battaglia solitaria. Per poterli poi portare in dote a un governo del Nazareno bis, in piena autonomia dagli alleati – piccoli e grandi – del suo campo politico.

Renzi, invece, avrebbe – almeno sulla carta – tutto l’interesse a provare a ricostruire delle alleanze a sinistra. Non però al centro, al tavolo delle segreterie, come piacerebbe agli scissionisti e a Pisapia, ricostruendo qualche sigla posticcia cui dovrebbe andare il ricco bonus di un premio di maggioranza. In questi accordi di facciata, buoni a procacciare dal vertice qualche seggio parlamentare in più ai fedelissimi della nomenclatura, Renzi non ha mai creduto. Quello che oggi il Pd propone – il cosiddetto rosatellum – è diverso. È un’alleanza sul territorio, nella scelta dei candidati nei collegi uninominali. L’unico modo per fare convivere diverse anime del centrosinistra – e, in qualche caso, anche del centro – in un confronto e un legame diretto con l’elettorato. Consapevoli che i tempi sono cambiati – ahi, quanto sono cambiati! – rispetto al clima referendario da cui nacque, un quarto di secolo fa, il mattarellum, i renziani hanno abbassato le pretese. Limiterebbero l’uninominale alla metà dei seggi in palio, lasciando il resto alla spartizione proporzionale tra piccoli e grandi partiti.

L’obiettivo prioritario di una legge di questo tipo è mettere nell’angolo i grillini, che, infatti, si sono subito ribellati. Il punto debole dei cinquestelle, al momento, è un personale politico capace di contrastare dal vivo, nel faccia a faccia con i votanti, l’esperienza dei candidati di partiti meno centralizzati e teleguidati. Il Pd, col rosatellum, prenderebbe due piccioni con una fava. Creerebbe le condizioni per varare, dove ci fossero le persone giuste, candidature multipartisan. E creerebbe ai cinquestelle serissime difficoltà.


Ovviamente, per le stesse ragioni, gli altri partiti non hanno alcuna intenzione di spianare la strada a questa legge. Renzi potrebbe provare a forzare la mano. Alla Camera ce la potrebbe fare, al Senato chissà, forse. Ma gli conviene, dopo l’esperienza disastrosa del referendum in cui – volente o nolente – si è attirato gli strali di tutti, mettersi un’altra volta in un’impresa in cui sarebbe a dir poco sovraesposto? Senza contare il clima d’opinione alimentato dalla grande stampa, che gli resta sostanzialmente ostile anche dopo la rivincita delle primarie. Contando invece – pesantemente – che con il rosatellum Renzi si metterebbe contro Berlusconi, il solo partner con cui può sperare, dopo il voto, di provare a tessere una qualche maggioranza di governo. Certo, se la nuova legge passasse, si tornerebbe, per la prima volta dopo vent’anni, a far politica sul territorio. E, se a Renzi riuscisse il botto di vincere in molti collegi, potrebbe riprendersi lo scettro che gli è stato violentemente strappato. Due anni fa, non ci sarebbe stato dubbio che il segretario Pd avrebbe osato. Oggi, ci sta pensando sopra. E non è facile consigliarlo.
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Quotidiano Di Puglia