Ancora non ce ne rendiamo conto ma la verità è che stiamo veramente invecchiando. Non è una questione anagrafica, insomma, non solo. Voglio dire in questi...
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Naturalmente, prima di Tomlinson le email esistevano già, ma il loro uso era limitato. Ovvero, solo i membri di un gruppo collegato a uno specifico computer potevano scambiarsi mail, quindi il nome degli utenti era legato a quello della macchina: da qui la limitazione. Ray Tomlinson cerco la soluzione, si trattava di dividere con un segno informatico l’utente dalla specifica macchina e dunque coniò il simbolo “@“. La prima mail inviata con la chiocciola risale al 1971. Il suddetto simbolo, allora, non ebbe molto successo, del resto pochissime persone potevano permettersi un personal computer e in pochissimi usavano la rete non c’erano nemmeno i dispositivi, insomma i server. Poi Arpanet cambiò pelle, da strumento militare a strumento per le università. Il sistema cominciò ad ampliarsi, i computer e i gruppi anche e il simbolo di Tomlinson moltiplicò i contatti. La cosa particolare che ora fa aneddotica –ma in realtà è una costante nel mondo delle scienze – è che Tomlinson non ricevette uno specifico incarico, nessuno gli disse va e migliora le comunicazioni sulla rete. Lo fece per conto suo, per ossessione personale. Quando nel 2012 la Internet Society, l’organizzazione che promuove l’utilizzo e l’accesso alla rete, inserì Tomlinson nella “Internet Hall of Fame”, lui durante il discorso, disse: “Mi chiedono spesso ‘Ma all’epoca ti rendevi conto di cosa stavi facendo?’ La risposta è: certo, sapevo esattamente che cosa stavo facendo. Non avevo solo idea di quale sarebbe stato l’impatto della mia invenzione”.
Tanto è vero che la prima email fu inviata tra due computer che si trovavano uno affianco all’altro, così per vedere se la separazione funzionava. Tomlinson raccontò di non ricordarsi che cosa avesse scritto dentro: “Era qualcosa di totalmente dimenticabile e, di conseguenza, mi sono scordato cosa fosse”. Forse scrisse qualcosa come Qwertyuiop”, cioè una serie di lettere messe in fila senza un particolare senso. Probabilmente così nacque la leggenda metropolitana secondo cui quella email con “@“ contenesse al suo interno la sequenza della prima fila di lettere di una tastiera Qwerty. Gli anni 70 e 80 sono stati anni gloriosi, dove persone di grande talento hanno gettato le fondamenta del mondo che oggi abitiamo. Non è certo un mondo perfetto, ma di certo migliore di quello passato, e quante cose ancora dobbiamo fare e imparare a gestire, e tuttavia pensiamoci: anche un piccolo segno, quella chiocciola che ogni giorno inseriamo nelle nostre conversazioni, può servire (anzi serve) ad ampliare (a volte a intasare) la nostra mente, e a promuove scambi culturali. Rendiamo omaggio allora a questo ingegnere sconosciuto ai più che separando l’uomo dalla macchina ha arricchito la grammatica di noi tutti: un piccolo segno, un grande salto in avanti, cerchiamo di esserne all’altezza. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia