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Bisogna provare sul campo, per esempio. Dice: l’Italia è «una e indivisibile». Vediamo. Martedì scorso, 7 febbraio. Una data qualsiasi, nulla di che; giornata di spostamenti rapidi, due tappe in treno: Milano-Bologna prima e Bologna-Lecce poi. Stesso paese-nazione-patria, chiamatelo come vi pare, stessa azienda di trasporti, stesso modello di convoglio (un dardo color fuoco, ci siamo capiti). La prima tratta, di mattina, in poco più di un’ora, 200 chilometri coperti con punte da 300 km/h, alto livello di comfort in carrozza. La stazione centrale felsinea ha diversi piazzali, differenti livelli, molteplici ascensori (e un collegamento rapido monorotaia, sopraelevato, con l’aeroporto: fantascienza per noialtri che ancora sogniamo strade che non siano trappole mortali. Vabbè, non divaghiamo). Poche ore per un impegno e nel pomeriggio si riparte. Da Bologna a Lecce: si va verso il mare, il paesaggio ne guadagna, a rimetterci è la velocità. Il comfort è meno avvolgente, la differenza si sente. Il ritardo della partenza è subito recuperato, ed è già tanto. Ma resta l’unico. Dopo Bari la velocità scende a 148 km/h, prima di Brindisi precipita a 143. Verso Lecce risale a 180, deve essere per la fragranza di pasticciotto. Si scherza: da queste parti l’amarezza si copre col sorriso. Buone pratiche di sopravvivenza.
Ecco: quando si sostiene - al di là degli enunciati contrari - che l’Italia sia divisa in due, beh, è vero.
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Quotidiano Di Puglia