Green pass, il dilemma del certificato verde degli stranieri: «Il loro codice non viene letto»

Green pass, il dilemma del certificato verde degli stranieri
VENEZIA - Certificazione verde alla mano, gli avventori di bar e ristoranti a Venezia sembrerebbero non batter ciglio all'ingresso dei locali. Se di nazionalità...

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VENEZIA - Certificazione verde alla mano, gli avventori di bar e ristoranti a Venezia sembrerebbero non batter ciglio all'ingresso dei locali. Se di nazionalità extra-europea tuttavia, il certificato vaccinale rilasciato dall'autorità estera non è compatibile con l'applicazione del governo italiano VerificaC19. Dettaglio che per il sistema equivarrebbe a non poter accedere al chiuso. Un impasse non da poco, se si considera quanto la città lagunare sia gettonata tra i visitatori d'oltreoceano che solo di recente hanno ripreso a volare con destinazione aeroporto Marco Polo. Viceversa, essi rappresentano di fatto una fetta rilevante dell'economia turistica cittadina. Eppure, a sei giorni dall'entrata in vigore del controllo obbligatorio del green pass nelle attività di ristorazione, per chi si accomodi all'interno, e a poche ore dalla più specifica circolare del Viminale su come attuare il decreto, il parziale funzionamento dell'app è il deficit più spinoso da gestire. 


LE DIFFICOLTA'

«Scannerizzando il documento di cui dispongono molti clienti stranieri, ad esempio statunitensi, con l'applicazione gratuita governativa, il formato viene rigettato, per quanto lo stesso documento nel luogo da cui provengono significhi che sono stati vaccinati nota Giovanni Alajmo, gestore del Quadri in piazza San Marco E questa è una scocciatura evidente, soprattutto perché il ristorante è al chiuso. Il punto è ricordare per tempo agli ospiti di portarsi sempre e comunque appresso il green pass con codice Qr richiestogli in volo o in altri contesti». Dettaglio tecnico a parte, la sensazione è che chi frequenta i pubblici esercizi veneziani sia generalmente pronto e ben disposto alla verifica del suo stato di salute. «Per la maggior parte, tengono il foglio o schermo a portata prosegue Alajmo mentre alla reception c'è sempre una persona predisposta all'accoglienza, che si occupi di far rispettare la prassi, e a campione richieda se necessario un documento di identità. Per precauzione, l'ufficio prenotazioni centralizzato, informa in ogni caso con anticipo sulle regole locali». 


I CONTROLLI

Nella ristorazione, la verifica del passaporto vaccinale è di media sinonimo di ambiente salubre, «elemento che rasserena e invoglia molti clienti riflette Maurizio Martin dell'Osteria da Fiore, dove i coperti sono tutti dentro - C'è sempre qualcuno alla porta che possa occuparsi dell'accoglienza, quindi chiedere il green pass. Sino ad ora non ci sono stati problemi, anzi. Via email o per telefono comunichiamo la procedura, specialmente ai non europei, onde evitare l'intoppo dell'incompatibilità app e loro Covid-pass. Quanto al documento di identità invece aggiunge Martin come precisato dalla ministra dell'Interno Luciana Lamorgese, non è la regola richiederlo, a meno che non valutiamo una evidente incongruenza». Impressione positiva anche dal Gran Caffè Lavena, dove «il cameriere di turno in sala si occupa di autenticare il documento con il telefono aziendale spiega il direttore Massimo Milanese Fortunatamente, con un plateatico ampio, lavoriamo quasi esclusivamente all'esterno ma anche con chi venga a sedersi all'interno, non si sono verificati disagi. Dei cartelli fanno da promemoria e i clienti arrivano preparati». L'handicap proviene quindi piuttosto dalla app strutturalmente limitata, che i gestori e titolari di locali si augurano venga incrementata al più presto. Spicca però un controsenso. Bere un caffè in piedi al banco è liberamente concesso, senza bisogno di alcun controllo. Eppure sedersi nel medesimo spazio diventa tutta un'altra storia. 

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Quotidiano Di Puglia