RÜSSELSHEIM – Adesso che si torna a parlare di idrogeno come possibile soluzione sostenibile almeno per alcuni tipi di spostamenti e trasporti, Opel...
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Nel maggio del 2001 la Zafira HydroGen1 stabilì addirittura 11 primati internazionali nel giro di 24 ore su diverse distanze per un totale di 1.386,906 chilometri percorsi in 24 ore. Quella Opel sperimentale manteneva i 5 posti e garantiva un'autonomia a emissioni di vapore acqueo di 400 chilometri. Il motore elettrico assicurava 75 cavalli di potenza e fino a 251 Nm di coppia. La trazione era anteriore. La velocità massima raggiungeva i 140 orari, mentre lo spunto da 0 a 100 km/h avveniva in 16 secondi.
Il serbatoio per l'idrogeno liquido era in acciaio inossidabile: era isolato da parecchi strati di fibra di vetro garantendo lo effetto di uno strato di polistirene espanso che avrebbe avuto uno spessore di 9 metri. Una soluzione indispensabile per garantire una temperatura di -253°. La capacità della bombola da quasi un metro di lunghezza e 40 centimetri di diametro piazzato sotto i sedili posteriori era di 75 litri, equivalenti a 5 kg di idrogeno, un volume sostanzialmente analog a quello dei serbatoi dei veicoli fuel cell attualmente in circolazione.
La Opel Zafira HydroGen1 non si distingueva esteticamente dalla versione di serie equipaggiata con motori convenzionali, ma dal punto di vista tecnologico era una “astronave”. Disponeva di scambiatore di calore, di circuiti di raffreddamento e del trattamento dell'acqua, dal catodo scatolato e dagli anodi umidificatori e, naturalmente, del blocco delle pile a combustibile. Si trattava di un gruppo di 200 fuel cell collegate in serie che aveva dimensioni 590 millimetri di lunghezza, 270 di larghezza 270 e 500 di altezza) paragonabili a quelle di un motore tradizionale. Trasmissione e motore pesavano assieme meno di 70 chilogrammi. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia