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Il colosso dell'auto cinese Dongfeng tratta con il governo italiano per aprire una fabbrica da 100 mila veicoli l'anno. Intanto Paolo Berlusconi la accompagna sul mercato italiano, investendo nel 10% di DF Italia, il rivenditore ufficiale dei suv elettrici di lusso del gruppo. Lo scontro con Stellantis, che a metà aprile con i primi rumors aveva già lanciato l'allarme, si fa sempre più vicino. La Pff, holding di Paolo Berlusconi e di sua figlia Alessia, il 21 febbraio scorso hanno depositato l'atto costitutivo di DF Italia, la srl amministrata da Bruno Giovanni Mafrici (a cui fa capo l'altro 90%).
Meno di due mesi dopo, al Salone del Mobile di Milano, la prima uscita in pubblico con la presentazione dei modelli del marchio Voyah con cui il gruppo Dongfeng debutterà in Italia: il suv elettrico Free e la monovolume Dream e il progetto di un'avveneristica auto a guida autonoma Icozy.
Ad oggi peraltro i motori cinesi già 'battono' nelle auto che vengono assemblate in Italia: la stessa Dongfeng insieme a Cmc (Cirelli Motor Company) con sede a Milano e centri produttivi a Bergamo, Alessandria e Verona; Eumc, Eurasia Motor company, che a Palazzolo sull'Oglio (Brescia) monta i motori della cinese Geely sui suoi 'crossover'; Ia, più nota Dr Automobiles, fondato a Isernia nel 2006 da Massimo Di Risio che costruisce e vende, in Italia, i suv e importa dalla Cina i componenti (ha accordi con Chery, Baic e la stessa Dongfeng). «Siamo in grado di tenere testa ai competitor cinesi, se qualcuno vuole introdurre competitor cinesi sarà responsabile delle decisioni impopolari che dovranno essere prese», ha detto a inizio aprile Carlos Tavares, ad di Stellantis. «Noi combatteremo, ma quando si combatte possono esserci vittime. Non aspettatevi che usciremo vincitori senza cicatrici», ha aggiunto.
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