L'Apollo, le “eccellenze” e la cultura come produzione

L'Apollo, le “eccellenze” e la cultura come produzione
Gentile direttore, sono rimasto positivamente colpito dal suo editoriale sul Quotidiano in occasione dell'apertura del teatro dell'Apollo alla presenza del capo dello...

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Gentile direttore, sono rimasto positivamente colpito dal suo editoriale sul Quotidiano in occasione dell'apertura del teatro dell'Apollo alla presenza del capo dello Stato. Ha ragione nel dire che bisogna smetterla con la retorica delle “eccellenze”, nel Sud e in Italia, perché come ha scritto “eccellenza è ormai una parola fin troppo abusata ed anche, per certi versi, ingannevole. Va sempre ricordato, infatti, che le ‘eccellenze’ sono o diventano tali perché spesso intorno c’è il deserto, e basta poco perché nel deserto si possa diventare eccellenza”. Esaltare le eccellenze, però, può servire a creare anche un spirito di emulazione (piuttosto che di invidia, come spesso accade dalle nostre parti), oltre che a costruire un circuito virtuoso nell'economia. Altrimenti ci tocca deprimerci nel deserto. E allora mi sembra giusto discutere come anche un ritrovato teatro, come l'Apollo, aperto dopo 31 anni di chiusura, possa diventare un'eccellenza della nostra terra. Senza le invidie e le opposizioni dei concorrenti, senza la solita guerra tra bande e le mire familistiche che già si intravedono nelle posizioni emerse nelle ultime settimane.


Antonio Verri (Lecce)

 

Caro lettore, è bene rifuggire dalla retorica - e sottolineo: retorica - dell'eccellenza perché sempre più spesso viene utilizzata per nascondere o, almeno, far scivolare in secondo piano la cruda e amara realtà. Le eccellenze sono una cosa, la retorica delle eccellenze un'altra. Quanto all'Apollo, credo che Lecce, anche sul fronte della cultura, debba compiere un salto di qualità, cominciando a ragionare in termini di “rete” e di “sistema” anziché di individualità o di “eccellenze” nella separatezza. E' tempo che la città si lasci alle spalle la patina di paesone di provincia, abbandoni l'ammiccamento alle sagre e alle feste di campanile, aprendo una grande riflessione sui contenuti e non solo sui contenitori culturali. Una città che vuole davvero fare della cultura uno degli asset del proprio sviluppo non può limitarsi al solo “consumo” di eventi, spesso nemmeno di grande qualità. Deve piuttosto imparare a “produrre” eventi originari e originali. E deve passare dall'“effimero” allo “stabile”. Non bastano più una buona rete di presentazione di libri, cartelloni privati e pubblici - tranne rarissime eccezioni - del tutto replicabili altrove, mostre spesso importate, pretenziosi festival di lettura, iniziative “vintage” in estate, concerti di piazza di artisti nazionali in tour. Ideare e produrre qui, oltre che consumare. Questa è la svolta. E il Salento ha tutte le risorse creative per “produrre” eventi culturali di rilievo nazionale e internazionale, anche oltre la pizzica e la taranta. Solo la cultura che “produce”, e non quella che si limita al “consumo”, diventa davvero uno dei volani di sviluppo del territorio. Crea valori e crea valore. Ma per fare questo non basta l'Apollo. E non basta una buona gestione del ritrovato teatro attraverso una pur auspicabile Fondazione pubblico-privata. È necessario un cambio di paradigma, a cominciare da chi gestisce la politica culturale e da chi eroga i finanziamenti. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia