Il tema dell’incontro – “misericordia e giustizia nell’agire politico” era accattivante e più che mai attuale, la platea di rango: pubblici...
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È il fardello con cui sindaci, assessori, consiglieri comunali lasceranno la sala del Trono del Palazzo vescovile prima di varcare, intorno alle 19 - la porta Santa della cattedrale e prendere parte alla funzione eucaristica, ultimo atto di un evento iniziato alle 18 con la relazione non del vescovo dell’arcidiocesi di Lecce, che si è limitato a introdurre la discussione, ma di monsignor Giuseppe Lorizio, professore ordinario presso l’università Lateranese.
Quel che aveva dire, l’arcivescovo lo aveva già messo nero su bianco nella lettera d’invito intrisa di parole aperte al dialogo e alla riconciliazione: «Sarà un momento di ascolto e di riflessione per sostenere e incoraggiare l’impegno per il servizio e la promozione del bene comune, consapevoli, come lo siamo tutti, delle tante difficoltà che i servitori della “res pubblica” devono affrontare per dare risposte concrete ai bisogni e alle attese della comunità: lavoro, sviluppo, occupazione». Toni concilianti, che D’Ambrosio riprenderà avviando i lavori e presentando il relatore a cui è stata affidata la pubblica riflessione. Ma che ai nostri taccuini – alla domanda se la politica attuale è declinata con i valori della giustizia sociale – hanno ben altra forza: «Ci si sforza – dice - ma di giustizia, nella politica di oggi, ce n’è poca. Purtroppo.
Le disuguaglianza sono enormi, si parla troppo, si annunziano chissà quali stravolgimenti, ma non stiamo vedendo ancora nulla: i poveri diventano sempre più poveri e ...
Anche le mie prese di posizione sono un servizio alla verità, ma oggi non devo accusare nessuno».
Il tema d’altronde, come sottolineerà – monsignor Lorizio nel suo intervento “politico” - è trasversale e tocca le coscienze di credenti e non credenti, ne mette a nudo i limiti, «che in termini cattolici sono i peccati e fa i conti con le umane fragilità. Ma non ci può essere misericordi se non c’è giustizia», ripete Lorizio analizzando gli esiti dell’ultima tornata elettorale: «Io non so di che cosa siete preoccupati. Per chi non ha vinto o per tutti quelli che non sono andati a votare?». Risposta: «C’è una frattura tra il cittadino e le istituzioni», dice prima di addentrarsi, con la giornata dedicata alle suffragette appena celebrata, nei meandri del voto alle donne e alle «tante battaglie andate a vuoto» dice pensando al flop in chiave femminile di Napoli. Dall’Italia all’Unione europea, altro salto politico.
«Del referendum in Gran Bretagna ci preoccupa l’economia? Ma vogliamo preoccuparci di come sta venendo meno la solidarietà in Europa?». E ancora, guardando in faccia la platea vasta: «Sono le persone che rendono credibile la politica. La corruzione si combatte isolando i politici corrotti».
Chiede un esame di coscienza rispetto alle persone, il professore dell’Università Lateranese. «Che non sono elettori ma persone, e tutte hanno pari dignità, anche chi la pensa diversamente. Non si possono rivolgere privilegi solo a chi vi ha votato», ammonisce. Chiede che la politica sia più vicina e rispettosa del bene comune e attenta agli ultimi. «Per i poveri - dice auspicando un energico “esame di coscienza” – bisogna organizzare una carità strutturata, non dare loro l’elemosina». Come si fa? «Cambiando l’agire politico».
E’ questo il punto di partenza nella strada misericordiosa della riconciliazione. Ma anche il punto di arrivo di un dialogo che è ancora tutto da scrivere e da testimoniare sulla base della propria personale coscienza, così come fece Tommaso Moro, che divento martire e santo facendo il politico. Ai politici di oggi non si chiede tanto. Ma la riconciliazione con il popolo che li ha eletti passa attraverso tre vie: la conversione personale, che significa «cambiare testa»; la conversione delle strutture politiche, dove oggi si annida «la burocrazia opprimente», «che devono diventare agili, dinamiche e attente alle persone»; e infine – terzo tassello da aggiungere – «la restituzione da parte dei politici di ciò che si riceve». Perché? Semplice: «Il politico è debitore verso chi gli dà fiducia». Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia