Corpi a terra, pistola ancora carica in pugno e testimoni terrorizzati. Così i carabinieri hanno bloccato l'assassino

Corpi a terra, pistola ancora carica in pugno e testimoni terrorizzati. Così i carabinieri hanno bloccato l'assassino
Aveva ancora la pistola in pugno, una 357 magnum pronta a sparare. Potevano esserci altre vittime, poteva continuare a sparare ma è stato bloccato e neutralizzato nei pochi...

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Aveva ancora la pistola in pugno, una 357 magnum pronta a sparare. Potevano esserci altre vittime, poteva continuare a sparare ma è stato bloccato e neutralizzato nei pochi drammatici secondi in cui i carabinieri sono stati faccia a faccia con lui. Si deve probabilmente al sangue freddo e alla capacità della prima pattuglia dell'Arma intervenuta sul posto se il numero delle vittime non è ancora più alto.

La pattuglia del Radiomobile della compagnia di Maglie era in servizio nella zona e quindi quando il 112 ha raccolto la richiesta di aiuto ha potuto raggiungere via Tevere, a Cursi, nel giro pochissimi minuti. Roberto Pappadà aveva già ucciso Andrea Marti e il padre, Francesco, e aveva ferito Maria Assunta Quarta - poi deceduta al "Vito Fazzi" di Lecce - e la sorella Fernanda. Il marito di Maria Assunta si era riparato dietro un'auto, in preda al terrore. I carabinieri hanno visto Pappadà in piedi, al centro della strada e con la pistola in pugno. Gli hanno parlato, lo hanno tranquillizzato e si sono avvicinati pian piano, con tutte le cautele del caso.  Parlandogli, hanno conquistato la fiducia dell'assassino, che si è fatto prendere il braccio dal capopattuglia e ha acconsentito a posare a terra l'arma.
I carabinieri hanno poi accertato che la 357 magnum era ancora carica. Pappadà è stato poretato in caserma e da lì trasferito nel carcere di Borgo San Nicola, a Lecce. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia