Un'inchiesta per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, sugli attentati subiti dal sindaco di Carmiano, Giancarlo Mazzotta, 49 anni. C'è tutto nel faldone...
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Tanto perché batte la pista della ritorsione l'inchiesta condotta dal pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Carmen Ruggiero, con i carabinieri del Ros. Quelle carte che riportano per lo più richieste di intercettazioni telefoniche depositate all'ufficio del giudice per le indagini preliminari, con una sintesi del contesto e di cosa si stia cercando di appurare, raccontano il movente da appurare per venire a capo dei due attentati subiti da Mazzotta alla fine del 2017: il primo la notte del 17 dicembre quando fu lanciata una bottiglia incendiaria contro la sua villa di via Lecce, a Carmiano. Il secondo nella notte del 26 dicembre: un uomo incappucciato sostò un'ora e mezzo davanti a quella villa, sul passo carrabile, a bordo di una Fiat Uno rubata a Veglie tre giorni prima. E la macchina fu bruciata a Magliano appena quell'uomo si allontanò inseguito a piedi da uno dei figli e da un fratello del sindaco. Quella stessa notte su un muro di Carmiano venne lasciata la scritta: Sinaco truffatore paga li cristiani.
Che tutto potesse essere riconducibile ad un pagamento ancora da onorare lo dichiarò lo stesso Giancarlo Mazzotta quando presentò denuncia negli uffici della Squadra mobile della Questura: circa 500mila euro. Ed indicò anche una possibile pista politica che tuttavia non ha trovato riscontri.
Riscontri, sebbene solo i primi riscontri, sono stati trovati dai carabinieri del Ros per la pista dei pagamenti pendenti: poco più di un milione di euro, raccontano gli indagati nel corso delle telefonate. E tra le utenze intercettate ci sono anche quelle di Giancarlo Mazzotta e delle persone a lui più vicine (nessuno dei loro nomi compaia sul registro degli indagati).
In una di queste telefonate, peraltro, si parla di un'altra richiesta estorsiva: 500mila euro da un'altra persona vicina al clan Tornese. Per ragioni non meglio specificate.
Comincia invece a delinearsi la pista che vede indagato il boss: due persone vicine a lui si sarebbero dovute occupare di riscuotere il denaro da consegnare ai due imprenditori. A conferma che sia questa la pista privilegiata, anche i solleciti che Mazzotta avrebbe fatto a Bari per vedersi liquidato un finanziamento regionale.
In quelle carte sono riportate complessivamente 24 intercettazioni telefoniche. Anche quelle in cui si parla di una avvocatessa assunto con contratto a tempo determinato alla Bcc, grazie alla intercessione di Mazzotta. Non c'è traccia, invece, dei due attentati subiti ancora da Giancarlo Mazzotta agli inizi di marzo nello stabilimento e nel villaggio turistico Eurogarden di San Foca: 300 grammi di tritolo nel villaggio ed una molotov nel lido.
La bomba con una difetto alla miccia. E la bottiglia riempita con del petrolio e dunque ha avuto l'effetto solo di messaggio di avvertimento.
Resta da chiarire se ci sia un legame o meno con gli attentati di dicembre del 2017 a Carmiano. Ossia, se la pista sia quella del boss che agirebbe per nome e per conto di due imprenditori ed attraverso due uomini di fiducia. Un'ipotesi, in ogni caso inquietante: invece di passare alle vie legali, gli imprenditori si sarebbero rivolti ad un boss della Scu. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia