Nome: Nicola. Cognome: Nacucchi. Segni particolari, nessuno (apparentemente). Un “Uomo Qualunque”, politicamente parlando, l’avvocato penalista che, classe 1886,...
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Con la tessera in tasca di quel movimento che cresceva dal basso per dare voce all’uomo della strada, Nacucchi si presentò alle prime elezioni amministrative del Secondo dopoguerra del 24 novembre 1946 e il 16 dicembre fu eletto sindaco dal Consiglio comunale.
Succedette al barone Carlo Personè che il 23 dicembre 1943, in un momento di grande difficoltà politica nazionale legata al periodo costituzionale transitorio, era stato chiamato a reggere il Comune dopo il forzato allontanamento del podestà Francesco De Pace e i brevi incarichi ricoperti da due commissari prefettizi. Il primo, l’ingegner Oronzo Pellegrino, che completò i rifugi antiaerei e sottese alla requisizione del rame e al reperimento di locali per gli alloggi dei militari; il secondo, il dottor Luigi Cudillo che si premurò anch’egli di ricercare famiglie leccesi che potessero ospitare ufficiali dell’esercito appartenenti a diversi reggimenti ed esperti soprattutto di difesa antiaerea in vista di un possibile sbarco delle forze anglo-americane.
Lo scenario che accoglierà Nacucchi sindaco nella sua prima consiliatura targata “Fronte dell’uomo comune” e spalmata negli anni ’46- 48, è ben diverso da quello che lo vedrà nuovamente protagonista dal ’58 al ’60 quando – anno 1958 - dimessosi da primo cittadino l’avvocato Oronzo Massari, in quanto candidato al Senato, la palla di amministratore gli ritornerà tra le mani, seppur per breve tempo.
Il suo nome, nel bene e nel male, ha segnato la storia della città sin dall’inizio del suo mandato. Non sempre ebbe vita facile a Palazzo di Città benché la lista dei “qualunquisti” nelle elezioni del 24 novembre 1946 con il 47,1% di preferenze conquistò, unica città capoluogo in Italia, la maggioranza. Rispetto alle politiche del 2 giugno 1946, oltre al calo degli elettori (dal 91,4% al 61%), i partiti tradizionali e recentemente costituiti, subirono un notevole calo a favore della lista guidata da Nacucchi. Lista che raccoglieva le urla di dolore degli invalidi di guerra, dei derelitti e dei reietti abbandonati al loro destino, ma anche il consenso di esponenti delle classi sociali protette dal censo, simpatizzanti dei partiti di matrice liberale e nostalgici del disciolto Partito Nazionale Fascista.
L’oratoria non gli faceva certo difetto. E, a conti fatti, neppure il buon senso. Facendo appello al senso di responsabilità di tutti, specie degli oppositori, nel suo primo mandato cercò di ottenere il più vasto consenso, convinto che solo così si potesse uscire da quella difficile crisi post bellica. In particolare «si sforzò di alleviare la disoccupazione con modesti lavori e stanziò diverse somme per miglioramenti economici e normativi al personale». In sostanza – ci ricorda il professor Antonio Fino in un saggio nell’ultimo dei tre volumi su “La storia dei Lecce” edita da Laterza - «gestiva la parte cospicua delle risorse del Comune per sostenere un numero notevole di dipendenti comunali e buona parte dei disoccupati e dei sottoccupati della città», che oggi, forse, attribuiremmo alla malapolitica più che alla crisi imperante. Misure all’insegna del privilegio, quelle che premiano impiegati e maestranze varie del Municipio nei confronti dei quali anche i podestà succedutisi negli anni del regime e dell’entrata in guerra erano stati particolarmente generosi.
Una navigazione a vista, quella di Nacucchi.
Quotidiano Di Puglia