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Tre ex sindaci dichiarati incandidabili. La bufera che si è abbattuta su Neviano, Comune commissariato per presunte infiltrazioni della criminalità organizzata, si propaga oltre i provvedimenti già assunti e il processo penale in corso che coinvolge il solo Antonio Megha.
I giudici del Tribunale civile di Lecce (presidente Mario Cigna, a latere Viviana Mele e relatore Caterina Stasi) hanno accolto il ricorso del ministero dell’Interno nel procedimento che parte automaticamente in parallelo con l’istruttoria per lo scioglimento.
Provvedimento lungo e articolato
Il provvedimento è lungo e articolato. E analizza vari aspetti dell’analisi svolta dalla commissione di accesso antimafia, rispetto a vicende che in parte sono state anche tratate in un’inchiesta della Dda di Lecce (pm Carmen Ruggiero) che si è occupata di contatti tra la politica e il clan Coluccia di Noha.
In tutto 74 pagine, che contengono anche intercettazioni telefoniche e la ricostruzione di circostanze specifiche. L’analisi di appalti e di ipotesi di scambio politico mafioso attribuite a Megha. Posti di lavoro, la vicinanza a imprenditori ritenuti prestanome dei capi-clan. «Anomalie» secondo i giudici, anche in tema di corruzione elettorale: «Come per Megha - si legge - la prima anomalia riferibile a Cafaro Silvana è costituita dal sistematico ricorso alla promessa di utilità in cambio di voti».
Per Mastria, è riportato quanto scritto dal gip di Lecce nel provvedimento restrittivo che fu emesso al termine dell’inchiesta penale (e che non riguardò né Cafaro, né Mastria): «Deve osservarsi - viene sottolineato - come la campagna elettorale gestita dalla Cafaro in favore della figlia e della lista da lei capeggiata sia stata connotata dal sistematico ricorso alla promessa di utilità in cambio di voti».
Infine la conclusione: «Per tutti e tre i resistenti sono stati evidenziati gli strettissimi legami con soggetti mafiosi, tutti e tre si sono avvalsi dell’aiuto degli esponenti del clan Coluccia nell’ambito della campagna elettorale, tutti e tre con condotte attive e omissive hanno piegato e permeato la volontà dell’ente a logiche personalistiche di soggetti pluripregiudicati, affiliati al sodalizio mafioso». Da qui l’accoglimento della richiesta di declaratoria di incandidabilità con condanna alle spese. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia