Salento, vanno a riprendersi la moto rubata: condannati ex carabiniere e collega

Salento, vanno a riprendersi la moto rubata: condannati ex carabiniere e collega
Abuso d’ufficio, peculato e omissione in atti d’ufficio per una moto rubata e poi ritrovata da due carabinieri che non avrebbero a quel punto proceduto con un verbale...

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Abuso d’ufficio, peculato e omissione in atti d’ufficio per una moto rubata e poi ritrovata da due carabinieri che non avrebbero a quel punto proceduto con un verbale di sequestro. Non lo avrebbero fatto in considerazione del fatto che il mezzo era originariamente di proprietà di uno dei due militari, ora in pensione, ma all’epoca in servizio in due diverse stazioni del Basso Salento. Dopo averla riconosciuta su un sito internet, l'uomo avrebbe pensato bene di riprendersela “per le vie brevi”. 


È così che è scattata la condanna, emessa dal Tribunale in composizione collegiale (presidente Pietro Baffa, a latere Luca Scuzzarella e Roberta Maggio). Due anni e sei mesi per uno dei due ex carabinieri. Un anno con pena sospesa per l’altro, già comandante di stazione. 

La denuncia 

La denuncia era partita dalla madre del nuovo proprietario della moto, che aveva continuato a ricevere i bolli del motociclo di cui era formalmente l’intestataria. 
Il pm, Donatina Buffelli, aveva invocato la pena di cinque anni per entrambi gli imputati, assistiti dall’avvocato Biagio Palamà. Per tutti e due sono state decise anche assoluzioni parziali (dal reato di peculato, in un caso, e dall’ipotesi di abuso d’ufficio nell’altro). Per tutti, i fatti sono stati ritenuti rientranti nelle ipotesi di lieve entità.
L’episodio risale al 2016. Uno dei due ex militari aveva subito e denunciato il furto di una Ducati Monster 600. Sparita nel nulla. Un bel giorno, la moto era ricomparsa sul web. Era nella disponibilità di una persona che l’aveva acquistata, a quanto pare all’estero. Riconosciuta la Monster, il “vecchio” proprietario se ne sarebbe riappropriato, con la complicità del comandante di stazione (all’epoca dei fatti) che non avrebbe - secondo l’accusa - convinto il collega a procedere per le vie opportune. O comunque ad evitare di partecipare al sopralluogo, nonostante il proprietario del mezzo avesse «l’obbligo di astenersi per la presenza di un interesse proprio». La due ruote sarebbe stata cosi “sottratta”, sempre a parere della Procura, a ulteriori attività investigative per l’accertamento dei fatti. 
Le indagini a quel punto sono proseguite. Ma la Ducati è finita nelle mani dell’ex carabiniere, mentre le relative incombenze (come i bolli da pagare) sono rimasti in capo all’intestataria. 
Nel fuoco incrociato di denunce, a finire nei guai sono stati insomma gli uomini in divisa che - come si diceva - hanno affrontato un processo con rito ordinario. La difesa aveva invocato l’assoluzione dei due imputati, sostenendo che dalla rocambolesca vicenda non fosse scaturito alcun vantaggio per chi, nei fatti, era rimasto vittima di un furto. Il Tribunale ha evidentemente ritenuto che l’iter adottato non fosse stato così lineare e che le procedure da seguire, a norma di legge, avrebbero dovuto essere diverse. 


Le pene inflitte sono nettamente più basse rispetto a quelle richieste. Una volta depositate le motivazioni, la difesa potrà impugnare la sentenza in appello. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia