Racket, politica e impresa, gli interessi della nuova Scu: salgono a 87 gli indagati dell'inchiesta “Final Blow”

Racket, politica e impresa, gli interessi della nuova Scu: salgono a 87 gli indagati dell'inchiesta “Final Blow”
Chiusa l'inchiesta che innescò la revoca della gestione di Parco Belloluogo alla famiglia Pepe. Final Blow della Procura antimafia e dei poliziotti della Squadra...

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Chiusa l'inchiesta che innescò la revoca della gestione di Parco Belloluogo alla famiglia Pepe. Final Blow della Procura antimafia e dei poliziotti della Squadra mobile, una indagine che ha scoperchiato metodi vecchi e nuove ambizioni della criminalità organizzata salentina marchiata Sacra corona unita. Dalle minacce, ai pestaggi, ai colpi di arma da fuoco sulle auto per virare poi ad aspirazioni imprenditoriali. Come la security della movida delle marine di Melendugno. E con quel mai rescisso sottile legame con la politica: vuoi per la gestione del parco cittadino, vuoi perché anche in questa inchiesta si parla di affissione di manifesti elettorali. Come del resto se ne parlava nell'inchiesta che ha preceduto Final Blow, Eclissi.


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Delineato anche un altro progetto: quello di creare una rete di interessi comuni, tutti orbitanti attorno alla droga, fra i diversi clan della Scu salentina. Da Nord a Sud, da Brindiisi e Squinzano ad Acquarica del Capo, passando da Galatone a Monteroni. Lecce l'epicentro di questo network. Raffaele Martena, Luigi Vergine, Cengs De Paolae e Saulle Politi, i nomi indicati nell'avviso di chiusura delle indagini del pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Giovanna Cannalire. Ed infine la ricerca del consenso fra la gente: «Ottenendo l'approvazione di comuni cittadini, mediante la disponibilità a soddisfare le loro esigenze, così rafforzando la propria connotazione criminale grazie ad un generalizzato consenso sociale», specifica il capo di imputazione di associazione mafiosa.

Gli indagati sono 87, mentre furono 72 le persone colpite da misure cautelari nel blitz del 26 febbraio scorso. L'impianto accusatorio non è cambiato ma si è ampliato perché ha inglobato altri fascicoli. Come l'estorsione all'azienda pirotecnica di Castrì costata l'arresto a Manuel Gigante ed Antonio Cannoletta, sei cessioni di droga ed ancora l'estorsione al proprietario del gommone con motore fuoribordo rubato il 23 settembre dell'anno scorso a San Foca e di cui rispondono Salvatore Bruno, Antonio Giannone, Diego Miglietta e Marco Penza.

A Marco Penza viene attribuito il ruolo di leader di uno dei due gruppi facenti capo all'ergastolano Cristian Pepe, l'altro sarebbe stato guidato da Antonio Totti Pepe. Lecce, Cavallino e Melendugno, le zone di influenza, con estensione a Campi Salentina, Salice, Surbo, Squinzano e Caprarica. Con pestaggi, incendi e minacce a colpi di arma da fuoco, ma anche per imporre il pizzo: ad un B&B che fino a due anni fa avrebbe esercitato l'attività di casa chiusa. Ad una discoteca del circondario di Maglie, ad un bar del centro di Lecce, ad un'ambulante di frutta e verdura e ad una sala scommesse.


Nelle 47 pagine dell'avviso di conclusione non si parla invece dell'accusa di favoreggiamento contestata alla dirigenza della Salento Security e che ha avuto come conseguenza anche in questo caso una interdittiva antimafia. Fuori da questo atto della Procura anche le minacce riportate nell'ordinanza di custodia cautelare di febbraio che videro vittima l'assessore comunale al Commercio, Paolo Foresio, per il divieto di non fare tenere un concerto a Parco Belloluogo. La revoca della gestione, e l'interdittiva antimafia, tennero presente tuttavia anche le accuse rivolte ad Andrea Pepe di avere spacciato droga. Se ne dibatterà ampiamente nei processi. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia