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Architetto Salvatore Mininanni, il Comune è al lavoro per la redazione del Piano Urbanistico Generale e il dibattito lanciato da Quotidiano allarga il confronto. Condivide le strategie contenute nell'atto di indirizzo?
«Faccio una gran fatica ogni volta che leggo i documenti urbanistici redatti dall'amministrazione comunale di Lecce. Lo dico solo per affermare che il Pug, a partire dal suo linguaggio, deve essere accessibile. E, invece, anche semplici decisioni che riguardano regolamenti attuativi assumono la forma di testi quasi perentori, ridondanti, sovraccarichi di contenuti. Ho letto con interesse, ma con fatica l'atto di indirizzo: unisce una lunga lista di buone intenzioni e una lista di programmi e progetti attivati cui il piano giustamente dovrà fare da cornice. Non mancano tuttavia alcune contraddizioni e disattenzioni».
A cosa si riferisce?
«Mi pare di capire che si voglia ricominciare daccapo, contrariamente a quello che viene dichiarato. Ho suggerito in più occasioni che il professor Mosè Ricci, consulente scientifico del Pug dell'amministrazione Perrone, doveva essere richiamato per capire se i nuovi indirizzi sono conflittuali con il piano da lui immaginato o se, invece, poteva proseguire e concludere il lavoro».
Ha parlato di contraddizioni. Cosa vuol dire?
«I nuovi indirizzi delineano due figure urbanistiche che mi lasciano perplesso. La prima: Lecce è il suo mare. Vuol dire che Lecce diventerà una città di mare? Vuol dire che tutte le marine diventeranno un'unica città-litorale senza soluzione di continuità? Come è accaduto più a sud tra San Foca, Roca, Torre dell'Orso e Sant'Andrea? Il gas, che non è una rinnovabile, giungerà fino a San Cataldo per servire residenze e servizi commerciali. È il primo passo verso la direzione appena descritta? Io preferisco continuare a immaginare le marine come grandi paesaggi contemplativi, spazi aperti anche attrezzati per tempo libero e balneazione. La seconda figura utilizzata è La Città rurale. Termine usato da Ricci e ripreso nei nuovi indirizzi: si riferisce agli insediamenti e ai frammenti di tessuti dispersi nello spazio rurale, ma non capisco quali siano le strategie rigenerative annunciate. Suggerirei di tornare alla campagna abitata per immaginare nuove forme d'uso in grado promuovere una rinnovata produzione agricola e un grande progetto di restauro del paesaggio rurale per trattenere una quota di turisti».
Nel Pug la parola d'ordine è meno cemento e più riqualificazione di spazi esistenti. Ci sono margini per una partnership con il privato?
«Noto una scarsa attenzione per la necessaria manutenzione e rigenerazione della città. E non possiamo aspettare l'approvazione del Pug per affrontare sopravvenute necessità. Il privato sta già massicciamente intervenendo sui tessuti della città con sostituzioni edilizie anche agevolate dalle leggi anti-crisi a sostegno dell'edilizia. L'amministrazione avrebbe dovuto e potuto governare il processo per mettere in sicurezza i tessuti più significati della città consolidata e moderna e introdurre le regole per limitare gli impatti non solo estetici ma anche quelli che genererà il nuovo carico insediativo in termini di traffico e sosta: via 95° Reggimento Fanteria, via Cesare Battisti, via Nazario Sauro e quartiere San Lazzaro sono solo alcuni degli interventi in corso. Cosi come è accaduto per il centro storico, anche per le sostituzioni edilizie e i cambi di destinazioni d'uso si sarebbero dovute adeguare le norme del Prg vigente limitando, ad esempio, gli interventi di sostituzione solo agli isolati e non ai singoli edifici. Se hai in mente di disegnare un nuovo piano devi mettere in campo da subito le azioni propedeutiche alla sua costruzione. In caso contrario il Pug arriverà quando sarà già troppo tardi».
Parliamo di centro storico: si può andare oltre la Movida?
«Le politiche di sviluppo degli ultimi due decenni hanno puntato molto sul turismo e Lecce città d'arte ha risposto con grande successo. Il centro storico con le sue architetture e, insieme, con la particolare atmosfera urbana che colpisce i visitatori sono state e restano le principali risorse che contribuiscono non poco ad attrarre investimenti, a creare nuova occupazione giovanile, sebbene precaria e, più in generale, a formare reddito pro-capite. Prodotti tipici e atmosfera urbana costituiscono una grande risorsa su cui puntare e perciò, invece di opporsi ai cambiamenti, proverei a trovare forme di regolazione per un giusto diritto alla città che tenga insieme i diritti dei residenti, dei commercianti, dei visitatori occasionali e abituali».
C'è il nodo mobilità: in città ogni giorno arrivano migliaia di auto, ma gli spazi per circolazione e parcheggi scarseggiano. C'è una soluzione?
«Circolazione e parcheggi sono fenomeni interdipendenti: più aumenti i parcheggi e più alimenti la circolazione perché ogni automobilista spera di trovare il posto. La soluzione sta nella capacità e possibilità di spostare una parte degli utenti sul trasporto pubblico che dovrebbe essere veloce ed efficiente. Soluzione non facile. E soprattutto avere la forza di stabilire che alcune aree della città sono raggiungibili solo con il trasporto collettivo. Se dopo avere predisposto le corsie preferenziali per bus e bici lascio circolare liberamente le auto, il cittadino continuerà a scegliere di usare il mezzo privato. Se ne esce avviando un patto con i cittadini e sperimentando soluzioni adattive e ragionevoli».
Lei ha accennato alle marine. Si punta a una ricostruzione dunale e alla tutela degli elementi naturalistici-ecologici connessi al litorale, ma nel concreto cosa si può fare?
«Ricordo chiaramente le bianche, sinuose e alte dune che caratterizzavano il tratto di costa compreso tra Torre Chianca e Torre Rinalda e mi piacerebbe rivederle nella loro naturale consistenza, ma so che alcuni ricercatori del Politecnico di Milano da tempo si occupano di quel tratto costiero hanno organizzato seminari di studio e laboratori di progettazione incentrati su nuove possibilità d'uso degli insediamenti costieri. Non ne conosco gli esiti, ma sono scettico. Immagino invece che si potrebbe lavorare a un piano di delocalizzazione degli insediamenti esistenti, graduale ma continuo. Con l'impiego di risorse pubbliche e private, sostenute da premialità vantaggiose, si potrebbe provare ad arretrare e concentrare gli insediamenti con destinazioni più accattivanti per restituire lo spazio occupato dalle case alle dune, alla spiaggia e al mare. Nel frattempo, però, osservo che sono state sistemate strade e parcheggi per giungere fino al Bacino dell'Idume in assoluta contraddizione con gli indirizzi ambientali del piano».
San Cataldo e collegamenti: è possibile immaginare un tram come nel passato?
«È un'idea suggestiva. Io, invece, la immagino come una strada parco, destinata alla velocità lenta e promiscua e sposterei il traffico veloce su altre arterie esistenti».
Il Pug di Lecce sarà firmato dal Rup e non da progettisti esterni. Cosa ne pensa?
«Ne penso male.
Quotidiano Di Puglia