Omicidio volontario, condanna a 21 anni e 4 mesi per il pastore ucciso “per gioco”

Omicidio volontario, con dolo eventuale. Arriva la conferma in secondo grado. La Corte d’Assise d’Appello di Lecce (presidente Vincenzo Scardia, a latere Giuseppe...

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Omicidio volontario, con dolo eventuale. Arriva la conferma in secondo grado. La Corte d’Assise d’Appello di Lecce (presidente Vincenzo Scardia, a latere Giuseppe Biondi), ha ricalcolato e ridotto la pena da 30 a 21 anni e 4 mesi per l’imprenditore agricolo Giuseppe Roi, imputato per la morte del pastore albanese Qamil Hyraj ucciso a 23 anni da un proiettile sulla fronte la mattina del 6 aprile del 2014 nelle campagne di Porto Cesareo, a Torre Castiglione.

È stato dichiarato anche il non doversi procedere per i reati di armi, perché estinti per prescrizione. Confermate le statuizioni civili, ossia la provvisionale di 50mila euro in favore di ciascuna delle parti civili, assistite dall’avvocato Ladislao Massari e dall’avvocata e Uljana Gazdede. Stando alle ricostruzioni, che furono possibili anche grazie all’ascolto di alcuni testimoni, l’imprenditore sarebbe stato avvezzo a fare tiro a segno in campagna e a spaventare il pastore a pistolettate. L’imputato era difeso dagli avvocati Francesca Conte e Roberto Eustachio Sisto.

I fatti

Roi fu arrestato a novembre del 2014, sette mesi dopo la tragedia, con l’accusa di omicidio volontario. Il Riesame tuttavia annullò la misura ritenendo che si trattasse di omicidio colposo: Roi sparò sì, ma non per uccidere e nemmeno prendendo in considerazione la concreta possibilità di colpire Qamil. Con questa accusa a dicembre del 2015 iniziò il processo davanti al giudice monocratico Stefano Serni. Nel corso dell’istruttoria, tuttavia, prese corpo nuovamente il dolo. Stop al processo, nuova udienza preliminare e rinvio a giudizio a ottobre 2019 davanti alla Corte d’Assise. Secondo quanto emerse dalle indagini Roi quella mattina lasciò la postazione accanto ad una pescheria, dove vendeva formaggio, per andare in campagna, sparare con una pistola calibro 22 ed uccidere il suo dipendente.

La difesa in primo grado ne aveva sostenuto la completa estraneità ai fatti. Durante il giudizio di primo grado, infatti, erano state acquisite testimonianze che avrebbero potuto fornirgli un alibi. Secondo l’accusa, sostenuta dal pm Carmen Ruggiero, invece, non v’erano dubbi: «Giuseppe Roi ha cagionato la morte di Qamil ma lo ha fatto volendola cagionare come prezzo che è stato disposto a pagare e che ha accettato di pagare pur di divertirsi», affermò nel corso della requisitoria. Fu un colpo di pistola calibro 22 a spezzare per sempre la vita del giovane pastore che si trovava dietro ad un muro, coperto in parte da un albero e davanti al quale c’era un vecchio frigorifero abbandonato. Stando alle contestazioni, Giuseppe Roi raggiunse Qamil per portargli da mangiare e sapendo che si trovava dietro al muretto si divertì comunque a spaventarlo sparando due pistolettate. Le motivazioni della Corte d’Assise d’Appello saranno depositate in un termine di 90 giorni.

 

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Quotidiano Di Puglia