L’acqua di falda è inquinata. L’acqua sotterranea, che scorre sotto gli alberi d’ulivo, sotto gli orti dei contadini del basso Salento. L’acqua che...
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In uno degli undici campioni d’acqua prelevati e analizzati dall’Arpa di Taranto intorno alla discarica di Burgesi, ma su un terreno esterno di proprietà comunale, i tecnici hanno certificato la presenza di una concentrazione di policlorobifenili quasi quattro volte superiore a quella massima consentita dalla legge. Queste diossine, in realtà, sono presenti in tutti e undici i campioni prelevati, ma solo in uno di essi il risultato ha superato la soglia stabilita come limite invalicabile dal Codice dell’Ambiente.
I dati, i freddi numeri, non hanno bisogno di commenti. Nel pozzo numero quattro, che si trova vicino a una cava, ai piedi della discarica, e che sugge l’acqua a 25 metri di profondità, l’Arpa ha verificato la presenza di una quantità di Pcb pari a 0,0373 microgrammi per litro, cioè circa quattro volte superiore al limite massimo consentito dalla legge, equivalente a 0,01 microgrammi per litro. In questo campione di acqua, dall’aspetto torbido - precisano i tecnici dell’Agenzia nel referto finale - sono stati ritrovati anche altri inquinanti oltre soglia, come l’argento, il ferro e il nichel.
Ma sono i policlorobifenili - bollati dall’Istituto superiore di Sanità come cancerogeni che provocano tumori al fegato, alla pelle e poi disordini del sistema nervoso, immunitario ed endocrino - a rivelarsi minimo comun denominatore dell’acqua della zona. Sono ovunque, in tutti i campioni. A dimostrare come, per decenni, terra e campagne siano servite a seppellire di tutto, gli scarti delle industrie, locali e di mezza Italia, e la coscienza di chi, per un pugno di euro, non si è fatto scrupolo di inquinare terra e acqua.
Nei pozzi uno, tre, cinque e sei, tutti di proprietà privata ed immediatamente fuori la discarica di Burgesi, l’Arpa ha verificato la presenza di 0,002 microgrammi per litro di Pcb (pozzo 1); di 0,002 (pozzo 3); 0,0026 e 0,0010 (pozzi 5 e 6). Ancora. Nel pozzo numero uno, due, tre e poi nel pozzo A e B, tutti all’interno del perimetro della discarica dismessa, gestita dalla Monteco a partire dagli anni Novanta, sono stati rinvenuti rispettivamente 0,001177 microgrammi per litro d’acqua; 0,001496; 0,005216; 0,001343; 0,001613. Per nessuno di questi campioni è stato quindi superato il limite massimo previsto di 0,01 microgrammi per litro. Ma i Pcb ci sono. E questa evidenza, insieme all’allarme lanciato dalla Procura lo scorso novembre, basterebbero a suggerire indagini più approfondite e, soprattutto, più celeri in tutta la zona, dentro e fuori la discarica.
Sull’inquinamento doloso di quell’area, in particolare, ci sono già stati inchieste e processi che hanno portato a condanne definitive e alla bonifica dei fusti di Pcb gettati nelle campagne.
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Quotidiano Di Puglia