La mareggiate portano con sé devastazione e “regali” inattesi. Non è infatti la prima volta che la furia del mare restituisce al Salento tombe e resti...
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L’intero promontorio su cui sorge la Torre Chianca, a Porto Cesareo - da non confondere con Torre Chianca, marina di Lecce - e l’area circostante sono interessate dalla presenza di resti archeologici a livello del mare. Nel 2010 in seguito a varie segnalazioni dovute alle mareggiate e alla presenza di un relitto rinvenuto un anno prima a poche decine di metri dalla torre, sono state effettuate ricognizioni archeologiche che hanno dato buoni frutti. «Sono state individuate numerose evidenze che attestano un’intensa frequentazione dell’area, particolarmente in età romana. Alcune di esse erano peraltro già note ed oggetto di precedenti segnalazioni e ricognizioni, ad opera di colleghi del Dipartimento di Beni Culturali» spiega Alfonso.
«Tutto il promontorio della Torre e la piccola penisola ad ovest sono interessati da un deposito archeologico, spesso presumibilmente fino ad un metro nella parte più conservata, il cui margine è eroso e messo a nudo dall’azione del mare. Sono infatti stati rinvenuti numerosi frammenti fittili, riferibili in gran parte a laterizi, anfore e ceramica comune, insieme a resti malacologici e faunistici, e anche pesi da rete e chiodi a sezione quadrata da carpenteria navale. Sono stati rinvenuti tratti di allineamenti murari a doppia cortina di blocchi di calcarenite, conservati in fondazione, lungo il margine di tutta la baia ed i fianchi della piccola penisola. E nel 2011, a seguito di continue segnalazioni, lungo il fianco occidentale, quasi alla radice della penisola, in prossimità delle dune che si sviluppano poi verso nord, furono rinvenute lastre frammentarie in calcarenite, coperchi di sarcofago, sempre in calcarenite, a doppio spiovente con acroteri angolari, spaccati a metà o in frammenti più ridotti, molto degradati dall’evidente esposizione agli agenti meteo marini. Si rinvenne anche - conclude - una concentrazione di resti antropici, riferibili ad almeno tre individui, appena coperti dalla sabbia a causa della bassa marea. Furono recuperati altri tre crani, uno dei quali frammentario, ossa lunghe e piccole, portati poi nel Laboratorio di Restauro del Dipartimento di Beni Culturali dell’ UniSalento per essere studiati». Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia