Il cellulare di Roberta Martucci venne acceso e utilizzato un mese dopo la sua scomparsa. L'inedita rivelazione è tra le 3.000 pagine del dossier sulla giovane di Torre...
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Quell'utilizzo ad un mese dalla scomparsa, fu constatato dall'intercettazione sull'apparecchio intestato alla giovane, un Nokia 3210, tramite il codice identificativo Imei, disposta dall'allora procuratore aggiunto Cataldo Motta il 21 settembre del 1999 ed eseguita dai carabinieri per un mese. Esattamente fino alle 16 del 20 ottobre dello stesso anno.
I militari trasmisero poi il verbale di cessazione dell'attività investigativa il 21 ottobre, allegando un'audiocassetta marca Tdk da 90 minuti ed indicando che non sono state intercettate comunicazioni utili alle indagini.
Forse non utili alle indagini, come ritennero all'epoca gli inquirenti, ma qualcosa fu intercettato. In particolare, nell'arco temporale di un mese, sarebbero state tre le chiamate partite dal cellulare di Roberta Martucci, senza utilizzare la sua sim card: qualcuno avrebbe inserito un'altra scheda telefonica e con quella avrebbe effettuato tre chiamate. E le relative conversazioni, quelle intercettate e registrate sull'audiocassetta custodita tra le carte del caso.
L'interrogativo che il team si pone è soprattutto uno: può anche darsi che le conversazioni non fossero utili alle indagini, ma certamente utili a risalire al proprietario della scheda sim inserita nel cellulare e al nome o ai nomi di chi ricevette quelle chiamate. Sarebbe stato importante per capire chi utilizzò l'apparecchio e dove fu trovato, uno degli aspetti su cui si sta concentrando il team di esperti. Per trovare qualche indizio per risalire a chi fece sparire Roberta e per capire se le voci registrate potessero essere riconoscibili.
Ed ancora altri dubbi sollevati: il luogo del ritrovamento del cellulare, ammesso fosse stato gettato da qualche parte, poteva essere altresì un elemento importante. I numeri di telefono sono stati all'epoca rintracciati e indicati nei verbali oppure è un dato ormai non più recuperabile? Perché le intercettazioni durarono solo un mese?
«Non sappiamo se la Procura sia andata a rileggersi tutti i fascicoli e se abbia memoria di questa cosa, - spiega la criminologa Isabel Martina -. Immagino di sì. Ho notato questa cassetta tra il materiale, credo sarebbe opportuno rispolverarla. E' importante sapere chi fosse in possesso del telefono, chi l'abbia trovato e dove fu trovato. E chi l'ha utilizzato pensando bastasse togliere la sim di Roberta, a meno che non ne fosse già privo della sim. Cosa ne sappiamo se quelle informazioni potessero essere utili alle indagini? E come mai non sono emerse? Qui parliamo di una ragazza che è scomparsa, che giace chissà dove e che aspetta giustizia e una degna sepoltura».
Negli ultimi mesi il caso ha subito una forte accelerazione, specie dal punto di vista mediatico, anche se nessun nome è stato, per ora, iscritto sul registro degli indagati. Di sicuro le attenzioni del pool di esperti sono concentrate da tempo su un familiare di Roberta: l'ipotesi è che l'avrebbe uccisa perché a conoscenza di un segreto inconfessabile. L'altra sorella di Roberta, Sabrina, aveva dichiarato di fronte alle telecamere della trasmissione Chi l'ha visto che sarebbe stata molestata per anni dalla stessa persona sotto la lente d'ingrandimento degli investigatori. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia